Dove può vincere o perdere il fotovoltaico europeo senza i dazi

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Dove può vincere o perdere il fotovoltaico europeo senza i dazi

5 Settembre 2018 Articoli dazi fotovoltaico Fotovoltaico fotovoltaico innovativo fotovoltaico italiano grandi impianti FV Industria innovazione tecnologica mercati fotovolataico nuova potenza installata prezzi moduli ricerca fotovoltaico Rinnovabili 0

Quale impatto avrà sul mercato europeo/italiano la fine dei dazi contro i moduli solari fabbricati in Cina?

Certamente positivo a livello di prezzi, che diventeranno sempre più concorrenziali, e anche per lo sviluppo dei grandi impianti utility-scale, anche se c’è chi vede la parte mezza vuota del bicchiere, con il rischio di aumentare la nostra dipendenza dalle importazioni di tecnologie dall’Asia.

Come andrà il mercato?

Secondo Pietro Radoia, analista solare di Bloomberg New Energy Finance (BNEF), sentito da QualEnergia.it, la nuova potenza FV installata in Europa nel 2019 sarà circa doppia in confronto al 2018.

Si parla, infatti, di poco più di 13 GW in totale contro 6,6 attesi quest’anno.

L’Italia dovrebbe rimanere sostanzialmente in linea ai risultati del 2018, +500 MW di capacità in dodici mesi, considerando tutti i segmenti, quindi sia gli impianti residenziali, sia le installazioni di taglia commerciale-industriale.

Per il momento, spiega Radoia, “non abbiamo rivisto le previsioni fatte prima della decisione europea di sospendere i dazi, perché l’impatto non sarà enorme in termini di domanda complessiva”.

Difatti, chiarisce l’esperto di BNEF, “i progetti da realizzare sono già stati decisi nelle aste dei diversi paesi, con le relative capacità assegnate dai bandi”.

Così, prosegue Radoia, “la categoria vincente sarà quella degli sviluppatori dei grandi parchi fotovoltaici utility-scale: i progetti che hanno partecipato alle aste e che sono in fase di procurement (l’acquisizione di tutti i materiali/componenti per realizzare gli impianti, ndr) avranno il vantaggio della disponibilità di moduli cinesi più convenienti”.

Di conseguenza, chi costruisce tali impianti potrà risparmiare sui costi totali d’investimento e così aumentare i suoi margini di profitto.

Anche i produttori cinesi di pannelli fotovoltaici, secondo l’analista di BNEF, avranno un beneficio dalla fine dei dazi e del MIP (Minimum Import Price, il prezzo minimo d’importazione), poiché si aprirà di nuovo il mercato europeo, mentre i moduli provenienti dal Sud-Est asiatico, molto probabilmente, saranno dirottati verso l’India.

Dove, ricordiamo, il governo ha deciso di applicare dazi contro i moduli FV cinesi (temporaneamente sospesi: vedi QualEnergia.it per approfondire il quadro indiano).

E per quanto concerne i prezzi del fotovoltaico?

Alla fine di luglio, il MIP era attestato a 30 centesimi di euro/watt per i pannelli standard di silicio multi cristallino e 35 cent€/watt per il silicio mono cristallino.

Tuttavia, grazie alle triangolazioni commerciali dei marchi cinesi, che facevano arrivare i loro prodotti in Europa dal Vietnam, da Taiwan e così via, era possibile acquistare moduli a costi inferiori.

BNEF, conclude Radoia, prevede un prezzo globale nell’ordine di 24 cent. di dollaro/watt alla fine del 2018.

“È plausibile prevedere un crollo dei prezzi intorno al 30%”, spiega poi a QualEnergia.it Alessandro Virtuani, ricercatore presso il Politecnico di Losanna e cofondatore della start-up milanese Officina del Sole.

Il riferimento è alle recentissime stime di IHS, uscite subito dopo il comunicato ufficiale con cui Bruxelles annunciava la scadenza delle misure protezioniste contro il fotovoltaico made in China.

Sono in molti, infatti, ricorda Virtuani, a sostenere che con la parziale chiusura del mercato domestico cinese del nuovo installato, a Pechino ci siano magazzini pieni di moduli pronti a sbarcare in Europa dopo l’eliminazione delle tariffe alla frontiera.

I rischi per l’industria europea

Virtuani, comunque, è più cauto dell’ottimismo profuso da SolarPower Europe (SPE) nelle ultime settimane, quando l’associazione, al contrario della “rivale” EU ProSun, continuava a chiedere di sospendere definitivamente i dazi a favore di una libera concorrenza che, secondo SPE, avrebbe stimolato la creazione di nuovi posti di lavoro (soprattutto nella filiera “downstream” dei servizi) e rilanciato il mercato europeo del fotovoltaico.

Mercato che, racconta Virtuani citando le valutazioni di EU ProSun, è rimasto asfittico, anche se i prezzi dei moduli sono calati dell’80% in Europa negli ultimi sette anni.

Il problema, chiarisce l’esperto sentito da QualEnergia.it, tocca vari aspetti, come “la mancanza di regole chiare e condivise in tutti i paesi europei per la realizzazione di nuovi progetti FV, oltre al meccanismo stesso delle aste, che crea automaticamente dei tetti alla potenza installata”.

Ma soprattutto, sostiene Virtuani, “l’Europa rischia di perdere la sua capacità di fare innovazione se il mercato andrà sempre di più verso le tecnologie a basso costo”.

Una capacità, sottolinea Virtuani, che rappresenta un potenziale vantaggio competitivo sulle aziende asiatiche ed è ancora viva in molte università e centri di ricerca, dalla Svizzera all’Olanda, passando per la Germania e anche per l’Italia.

Pensiamo, ad esempio, ai piani di Enel Green Power a Catania per avviare la produzione di moduli bifacciali con tecnologia HJT (Heterojunction Technology), così come al lavoro svolto negli ultimi anni nei laboratori europei per le celle con tecnologia PERC (Passivated Emitter and Rear Cell) “che ora fanno il 30-40% del mercato complessivo”, precisa il ricercatore.

Senza dimenticare tutte le sperimentazioni nel campo dei nuovi materiali e delle celle tandem di silicio/perovskite (vedi QualEnergia.it: Fotovoltaico innovativo, a che punto è la ricerca italiana).

“Tra 5-10 anni nessuno venderà più la tecnologia fotovoltaica di oggi”, termina Virtuani.

“Perciò sarebbe importante mantenere almeno una base manifatturiera e industriale nel fotovoltaico più innovativo, perché i singoli governi e la Commissione Ue non vorranno finanziare la ricerca se non ci sarà una ricaduta sull’industria, con conseguente creazione di posti di lavoro, o se le competenze saranno trasferite totalmente all’estero, in Asia”.

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