L’ardua impresa di contenere il surriscaldamento globale a 1,5 °C
Limitare il surriscaldamento globale a 1,5 gradi entro la fine del secolo, rispetto alle temperature medie registrate nell’età preindustriale, richiederà una trasformazione “senza precedenti, rapida e su vasta scala” della società umana così come la conosciamo oggi.
Questo messaggio è il succo del rapporto speciale appena pubblicato dall’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change, l’organo dell’ONU che studia i cambiamenti climatici).
Il documento servirà come base scientifica per la prossima conferenza delle Nazioni Unite sul clima, che si terrà a Katowice, in Polonia, a dicembre.
Sul tavolo dei negoziati ci saranno di nuovo gli obiettivi stabiliti dagli accordi di Parigi nel 2015: contenere il global warming ben sotto 2 gradi entro il 2100, in modo da evitare le conseguenze più devastanti dei rischi climatici, che già stanno facendo sentire la loro influenza sugli ecosistemi del nostro Pianeta.
I paesi di tutto il mondo saranno pronti ad accettare una sfida di così ampia portata?
Gli scienziati dell’IPCC ricordano, per prima cosa, che mezzo grado potrebbe fare una enorme differenza: in una Terra più calda in media di 1,5 gradi, ad esempio, il livello dei mari dovrebbe innalzarsi di parecchi centimetri in meno, rispetto a quello che dovrebbe succedere con un riscaldamento maggiore.
Allo stesso tempo, i ghiacci artici dovrebbero sciogliersi con minore intensità.
E così via: gli eventi climatici estremi (ondate di calore, siccità, alluvioni), con ogni probabilità, lascerebbero all’uomo, alle piante e agli animali maggiore spazio per adattarsi a un clima differente ma “sopportabile”.
Tuttavia, si legge nel rapporto, i modelli climatici mostrano che per contenere l’incremento medio delle temperature a 1,5 gradi senza sforare questa soglia, bisognerà ridurre drasticamente le emissioni di gas-serra in tutti i settori, dalla produzione di energia ai trasporti, passando per l’agricoltura, le città, le industrie.
Difatti, le emissioni nette antropogeniche (cioè causate dalle attività umane) di CO2 dovranno diminuire del 45% circa entro il 2030, in confronto ai valori del 2010, per poi scendere a zero intorno al 2050.
Invece, prosegue il documento, per avere il 66% di probabilità di stare sui 2 gradi di riscaldamento, le emissioni nette di anidride carbonica dovranno scendere del 20% circa nei prossimi dodici anni, azzerandosi intorno al 2075.
Tutti gli scenari che bloccano l’aumento delle temperature a un grado e mezzo, però, prevedono che sarà indispensabile rimuovere miliardi di tonnellate di CO2 dall’atmosfera utilizzando vari sistemi per “ripulire” o sequestrare (CDR, Carbon Dioxide Removal).
Queste soluzioni (molto controverse: vedi anche QualEnergia.it) sarebbero necessarie per compensare le emissioni antropogeniche residue e ottenere così un bilancio netto negativo di CO2, dove l’anidride carbonica rimossa dall’ambiente sarà più di quella che vi è stata complessivamente rilasciata.
Entrerebbero in gioco, quindi, tecnologie come il CCS (Carbon Capture and Storage) che consentono di catturare e immagazzinare la CO2 degli impianti industriali, anche abbinate alle bioenergie (BECCS, Bioenergy with CCS).
Tutti sistemi, però, che comportano un elevato margine d’incertezza: nessuno, al momento, è in grado di sapere se potranno funzionare. Per approfondire questo tema vedi QualEnergia.it: Perché geoingegneria e CCS non salveranno il Pianeta
I primi commenti
Il climatologo Vincenzo Ferrara ha definito il rapporto dell’IPCC come “una specie di libro dei sogni”. Ridurre le emissioni del 45% nel 2030 sembra irrealizzabile, sostiene Ferrara, mentre l’obiettivo del -20% potrebbe essere più a portata di mano.
Poiché, infatti, le emissioni globali negli ultimi 200 anni sono sempre aumentate, senza mai fermarsi dall’inizio dell’epoca industriale a oggi, chiarisce il climatologo (neretti nostri), “pensare a una riduzione del 20% in soli 12 anni è ancora una fantasia da libro dei sogni, ma se ci si sforza un po’ (un po’ tanto) per eliminare i combustibili fossili e azzerare i sussidi che vengono elargiti […], forse potrebbe essere un obiettivo quasi fattibile o quanto meno ipotizzabile come verosimile”.
Anche Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto Club, evidenzia quanto sia “allarmato” il messaggio dell’IPCC.
Tra l’altro, proprio in questi giorni è uscita la notizia che la Cina stia realizzando centinaia di GW di nuove centrali fossili molto inquinanti, contrariamente a quanto aveva stabilito il governo nell’ultimo piano economico quinquennale (vedi QualEnergia.it: Le bugie della Cina sul carbone: oltre 250 GW di nuovi impianti in costruzione). Per non parlare delle “opportunità” che offrirà il possibile scioglimento dei ghiacci artici (aprendo il cosiddetto passaggio a nord ovest) per la coltivazione di giacimenti di petrolio e gas.
“Il mondo politico, quello imprenditoriale e finanziario dovranno avviare una profonda rivisitazione degli attuali obiettivi e delle strategie economiche”, afferma allora Silvestrini, richiamando l’importanza della prossima conferenza ONU in Polonia.
Il documento dell’IPCC ricorda che gli attuali impegni dei singoli stati contro i cambiamenti climatici sono ancora troppo blandi e lenti. E molti dubbi ci sono su una possibile svolta nelle trattative mondiali nella prossima in Polonia, che ricordiamo è la numero 24!
Il report “Global Warming of 1.5 °C”
Il comunicato stampa dell’IPCC (in inglese) – pdf
La sintesi del rapporto per decisori politici (in inglese) -pdf
Materiali in italiano su IPCC Focal Point for Italy
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