Aerei elettrici e bio-kerosene, quanta strada c’è ancora da fare
I carburanti “verdi” per gli aeroplani sono pronti a decollare?
Con questo interrogativo un analista della IEA (International Energy Agency), Pharoah Le Feuvre, inizia un articolo in cui approfondisce il ruolo attuale e futuro dei biocombustibili nell’aviazione, un settore particolarmente difficile da de-carbonizzare rinunciando al jet-fuel tradizionale (kerosene).
Difatti, finora l’industria aerea è stata molto lenta nel definire strategie e obiettivi volti a ridurre le emissioni inquinanti.
Intanto anche i progetti per elettrificare i velivoli sono piuttosto indietro, in una fase embrionale dove la Norvegia punta a fare da apripista avendo annunciato di voler utilizzare aeromobili 100% elettrici entro il 2040 per i tragitti domestici di medio-corto raggio.
Un conto però è far volare un piccolo monomotore biposto a batterie come il Pipistrel di Alpha Electro, ben altro è pensare a un Boeing o un Airbus che sia in grado di decollare e atterrare con alcune decine di passeggeri a bordo e con la sola potenza degli accumulatori al litio.
Al momento, il principale ostacolo all’elettrificazione è la densità energetica delle batterie, come chiarisce un recente studio pubblicato su Nature Energy (Technological, economic and environmental prospects of all-electric aircraft, qui un estratto).
Uno degli autori dello studio, Andreas Schäfer, citato in questo articolo di Vox, parla della necessità di arrivare almeno a 800 watt-ora/kg contro 250 Wh/kg degli accumulatori attuali. Le batterie, in sintesi, dovranno diventare molto più potenti, sicure e leggere allo stesso tempo.
Tornando ai biocarburanti, nel 2021 partirà un programma pilota su base volontaria per rendere più “puliti” i voli internazionali, riassunto dall’acronimo CORSIA (Carbon Offsetting and Reduction Scheme for International Aviation), sviluppato in questi anni dall’organizzazione mondiale dell’aviazione civile (ICAO, International Civil Aviation Organisation).
Lo schema, criticato dalle associazioni ambientaliste per la sua scarsa ambizione (vedi anche questa analisi di Carbon Brief), punta a compensare le maggiori emissioni di CO2 rispetto al livello medio registrato nel biennio base 2019-2020, attraverso una serie di possibili misure, tra cui l’impiego di carburanti sostenibili (SAF, Sustainable Aviation Fuel).
Ora, evidenzia l’analista della IEA, l’aviazione è responsabile del 2,5% circa delle emissioni globali di anidride carbonica correlate agli usi energetici, con la proiezione di arrivare al 3,5% nel 2030 visto il continuo aumento del traffico aereo, soprattutto in Asia; tanto che i passeggeri dovrebbero perfino raddoppiare nei prossimi anni, superando 8 miliardi nel 2037 secondo le stime più recenti della IATA (International Air Transport Association).
Così la IEA prevede che il biofuel potrebbe coprire intorno al 10% della domanda di carburante per gli aerei nel 2030 per poi salire al 19-20% dieci anni più tardi, con 75 miliardi di litri vs 315 per il kerosene di origine fossile nel 2040. Ma siamo ancora molto lontani da un simile traguardo: nel 2018, con 15 milioni di litri, i carburanti SAF hanno rappresentato appena lo 0,1% dei consumi complessivi del settore aereo.
E dei cinque metodi esistenti per produrre combustibili green per i motori dei velivoli, fa notare l’esperto della IEA, solamente uno ha già raggiunto un certo grado di maturità commerciale: è il kerosene HEFA-SPK (hydroprocessed esters and fatty acids synthetic paraffinic kerosene) che si può miscelare fino al 50% con quello convenzionale.
Senza entrare in dettagli più tecnici sulle caratteristiche di questo bio-kerosene (possiamo ricordare, in sintesi, che tutti i processi produttivi, compreso l’HEFA-SPK, sfruttano una vasta categoria di risorse: oli, grassi animali, biomasse di scarto, rifiuti, ecc.), conviene puntualizzare alcuni aspetti generali.
In particolare, per diffondere su più vasta scala l’utilizzo di jet-fuel “verde”, secondo l’autore dell’articolo della IEA bisognerà:
- Potenziare la capacità produttiva di bio-kerosene realizzando un certo numero di grandi raffinerie, almeno una ventina, con investimenti nell’ordine di 10 miliardi di dollari.
- Di conseguenza, grazie alle crescenti economie di scala, diminuire il costo finale del combustibile di origine “bio”.
- Allo stesso tempo, incrementare le attività di ricerca e sviluppo per nuovi carburanti basati su residui agroforestali e sottoprodotti, in modo da ridurre l’impatto ambientale nell’intero ciclo di produzione (ricordiamo le polemiche che già oggi circondano l’uso di biocarburanti nei trasporti, molti dei quali sono considerati più dannosi delle fonti fossili: vedi qui).
- Esplorare le potenzialità future delle tecnologie Power-to-Liquid (PtL) per ricavare combustibili sintetici di origine rinnovabile (e-fuel, vedi anche qui per capire cosa sono).
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