Transizione e investimenti, il mega-fondo sovrano norvegese accelera sulle rinnovabili
Il più grande fondo di investimenti al mondo fa un altro passo verso l’energia pulita, dopo le ultime mosse per disinvestire dalle fossili.
Stiamo parlando del fondo sovrano della Norvegia, il Government Pension Fund Global, noto anche come Oil Fund, che gestisce oltre mille miliardi di dollari e che ha origine proprio nella ricchezza petrolifera della nazione scandinava.
Venerdì scorso, il 5 aprile, il governo di Oslo ha infatti autorizzato il fondo a investire in rinnovabili anche tramite società non quotate sui mercati azionari, mentre per quelle quotate già poteva farlo. Contestualmente si è raddoppiato il tetto massimo degli investimenti in energia pulita, da 60 a 120 miliardi di corone, cioè da circa 7 a 14 miliardi di dollari.
Interessante come nel comunicato diffuso l’esecutivo norvegese sottolinei che i nuovi investimenti in Fer non vengono concepiti come parte di una misura di cambiamento climatico, ma come una strategia di investimento per il fondo. “Tali investimenti saranno soggetti agli stessi requisiti di redditività e trasparenza degli altri investimenti del fondo”, ha affermato il ministro delle finanze norvegese Siv Jensen.
La crescita prevista nelle rinnovabili nel prossimo decennio, ha spiegato Jensen, sarà guidata da aziende che non hanno l’energia rinnovabile come loro attività principale e il fondo non dovrebbe perdere l’opportunità offerta dalla transizione energetica.
A inizio marzo, l’Oil Fund ha annunciato un piano per disinvestire gradualmente dall’upstream Oil & Gas, decisione motivata con l’esigenza di ridurre la vulnerabilità al calo dei prezzi del petrolio diversificando il suo portafoglio energetico.
Anche se l’industria petrolifera rimarrà importante per molti anni, si è spiegato, gli investimenti società di esplorazione e produzione saranno gradualmente eliminati e il fondo sovrano dovrebbe uscire da 134 società disinvestendo 8 miliardi di dollari.
L’Oil Fund non venderà la sua partecipazione nella società petrolifera statale ex Statoil, ribattezzata Equinor l’anno scorso, che dal 2017 ha lanciato investimenti per 197 milioni di dollari nelle rinnovabili e sta provando a diversificare ulteriorimente, ad esempio con l’acquisizione avvenuta a novembre 2018 di una quota del 9,7% (pagata circa 88 milioni di dollari) nel produttore solare norvegese Scatec.
Intanto il fondo sovrano prosegue anche la sua progressiva ritirata dal carbone, iniziata nel 2014-2015 e che ha visto la vendita di partecipazioni per 6,5 miliardi di dollari. Sempre venerdì si è infatti annunciato che il fondo avrebbe venduto le sue quote in altre società del carbone, fissando un nuovo limite di 20 milioni di tonnellate di riserve, cosa che potrebbe comportare l’uscita del fondo sovrano da giganti come Glencore e RWE.
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