Shell punta sul fotovoltaico in Italia
Investire in fonti rinnovabili, fotovoltaico soprattutto, e considerare la possibilità di diventare un fornitore di elettricità/gas per i clienti domestici: questi alcuni dei piani di Shell per il nostro paese, annunciati ieri dall’amministratore delegato di Shell Italia, Marco Brun, durante la presentazione a Roma dello scenario energetico “Sky” presso la sede dell’ambasciata britannica.
Ricordiamo che il colosso petrolifero anglo-olandese, nei giorni scorsi, ha aperto le prime crepe nella lobby delle compagnie fossili quando ha stabilito che uscirà dall’associazione Usa dell’industria petrolchimica (American Fuel & Petrochemical Manufacturers), perché ha riscontrato un “sostanziale disallineamento” tra le rispettive politiche sui cambiamenti climatici.
Lo stesso Brun, citato da varie agenzie di stampa, ha precisato qual è l’impegno di Shell verso la transizione energetica: in Italia, la società punta a realizzare nuovi impianti fotovoltaici o acquisire progetti FV in corso di sviluppo, la cui produzione sarà ceduta a Shell Energy Italia che poi la fornirà ai consumatori anche utilizzando contratti PPA di lungo termine.
L’annuncio della prima iniziativa dovrebbe arrivare a breve, secondo il numero uno di Shell Italia.
E se le condizioni normative dovessero cambiare, ha dichiarato Brun, “potrebbero essere presi in considerazione progetti eolici, soprattutto offshore, in cui la compagnia ha già esperienza”.
Poi l’amministratore delegato ha aggiunto che Shell di recente ha debuttato con il suo marchio sul mercato retail inglese, che servirà come esperienza per valutare l’ingresso anche in Italia nella fornitura di energia elettrica e gas nel settore residenziale.
Di Shell ricordiamo poi le recenti acquisizioni di sonnen e Limejump entrambe nel campo delle nuove tecnologie applicate alle batterie e agli accumuli virtuali di energia.
Tuttavia, lo senario Sky (vedi anche qui) presenta un percorso verso la de-carbonizzazione del mix energetico che lascia più di un dubbio: da un lato, infatti, prevede un boom di fonti rinnovabili e di elettrificazione nei trasporti stradali, dall’altro, però, continua ad assegnare ai combustibili fossili un ruolo decisivo nei prossimi decenni.
Tanto che l’azzeramento delle emissioni nette di CO2 entro il 2070 si potrà ottenere solo attraverso massicci investimenti in migliaia di sistemi CCS (Carbon Capture and Storage) per catturare l’anidride carbonica rilasciata nell’ambiente dagli impianti industriali, oltre che su ampi interventi di riforestazione.
Una visione, quindi, molto diversa da quella proposta dagli studi che invece sostengono la fattibilità tecnico-economica di uno scenario 100% rinnovabile entro metà secolo, senza dover utilizzare soluzioni controverse come il CCS (vedi qui: il modello dell’università finlandese di Lappeenranta e quello della Leonardo DiCaprio Foundation).
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