Offerte energia + impianti a rinnovabili, “possibili illeciti ai danni di migliaia di utenti”
Prezzi gonfiati, con impianti fotovoltaici venduti a 5 volte il loro valore di mercato, clienti indotti a compiere illeciti fiscali, come chiedere le detrazioni fiscali del 50 o del 65% anche sull’acquisto di elettricità dalla rete, promesse ingannevoli e altro ancora…
Nel nuovo mercato dei servizi energetici “tutto compreso”, in cui al cliente si vende l’energia assieme a interventi per il risparmio energetico e l’autoproduzione, accanto a imprese innovatrici e oneste, sembra ci sia anche qualche furbetto.
Almeno secondo quanto denunciano l’Adiconsum di Padova e Rovigo e Prae.Toris, studio specializzato nella tutela di cittadini e imprese nel mercato al consumo, che hanno recentemente messo in luce dei possibili illeciti, incentrati sulla vendita – abbinata e contestuale – di impianti a energie rinnovabili e di contratti luce e gas.
Un esposto in seguito al quale la Guardia di Finanza ha avviato un’indagine: nel mirino ci sono 13 imprese, operanti un po’ in tutta Italia, ma rischiano di andarci di mezzo anche decine di migliaia di ignari clienti.
Cerchiamo di spiegare come e perché.
Secondo Paolo Schiona, amministratore di Prae.Toris, il presunto illecito spesso prenderebbe le mosse da proposte commerciali attuate tramite il porta a porta, il tele-marketing e il network marketing.
Tali proposte prevedono l’acquisto di beni, quali impianti ad energie rinnovabili – sistemi fotovoltaici, pompe di calore, caldaie, ecc. – assieme a forniture di servizi, solitamente consistenti nell’erogazione di energia elettrica ma anche di gas.
Il vantaggio per l’acquirente, oltre all’installazione di un impianto ad energie rinnovabili, sarebbe quello di assicurarsi energia a prezzi fissi da 1 a 20 anni, per far fronte senza paure di rincari alla quota di consumi non coperta dagli impianti a rinnovabili.
In teoria, tutto bene, nel senso che nessuna legge impedisce a un’azienda di offrire questo tipo di abbinamento beni/servizi, spiega Schiona.
Nella pratica, però, il presunto illecito si compirebbe sostanzialmente in due fasi: in primis nella formulazione ingannevole della proposta commerciale, in cui si asserisce il falso se si assicura la detraibilità fiscale di quota energia, oneri di sistema, Iva e canone RAI della bolletta casalinga della luce – importi non detraibili; e poi nella fatturazione dei contratti di vendita, che fa testo per la richiesta di detrazione fiscale del 50% o 65% quando si installano impianti rinnovabili o per l’efficienza energetica.
Partendo dal presunto illecito principale, le aziende indagate avrebbero emesso al cliente una sola fattura, indicandovi la vendita del solo impianto a rinnovabili – senza cioè menzionare la fornitura di energia. Quell’unica fattura addebiterebbe però al cliente un importo complessivo corrispondente non al prezzo del solo impianto rinnovabile, bensì alla somma dei prezzi di impianto a rinnovabili più fornitura pluriennale di luce o gas.
Poiché le forniture di luce e gas non sono spese detraibili nell’ambito degli interventi di efficientamento energetico, se una persona porta a detrazione una fattura il cui importo, oltre al prezzo del bene detraibile, comprende celatamente anche il prezzo della fornitura della luce – non detraibile – quella persona, anche se inconsapevolmente, commette un illecito. E in tal caso l’Agenzia delle Entrate può emettere sanzioni e chiedere il rimborso delle imposte sulle somme illegalmente detratte, o il ristorno delle somme precedentemente restituite al contribuente.
In sede di proposta commerciale invece, le aziende presenterebbero la fornitura di luce e gas come un regalo, un bonus “bolletta zero” o un “accumulo virtuale” di energia: informazioni fattualmente inaccurate, usate per giustificare a clienti inesperti la fatturazione del solo impianto, salvo addebitare la somma ricevuta anche per la luce, sostengono Adiconsum e Prae.Toris.
In tutti i casi osservati, il prezzo della fornitura “regalo” pagato dal cliente per fissare il costo della bolletta, inoltre, sarebbe di gran lunga superiore al valore reale di mercato sia del bene che dell’energia. “Ho visto contratti da 10.000 euro per uno scalda-salviette elettrico del valore di 300 euro,” spiega Schiona.
La tecnologia a rinnovabili sarebbe insomma solo una scusa – dice Schiona – il cavallo di Troia per entrare nelle case della gente e aprire scorrettamente le porte della detrazione fiscale nella convinzione dei clienti, celando la reale natura di una fornitura elettrica gonfiata sotto la veste di un regalo.
Con questo sistema, osserva Schiona, “un impianto fotovoltaico da 3 kWp del costo di 6.000 euro viene venduto anche a 23.000,” dove il grosso della fattura è rappresentato dalla fornitura di luce a prezzi dilatati. Il cliente ignaro o sprovveduto, oltre al risparmio energetico permesso da un impianto a rinnovabili, pensa di poter detrarre almeno la metà della spesa e magari crede anche di avere fatto un buon affare, perché gli arriva nel proseguo una bolletta pari a zero, fatto salvo l’esborso abnorme subìto a monte e l’illecito attuato detraendo somme non detraibili.
Un altro aspetto destinato ad elevare ulteriormente il profilo di questo caso è il ruolo presumibilmente svolto dalle società finanziarie. Molti di questi contratti per l’acquisto di beni/servizi sono infatti sottoscritti da famiglie che non necessariamente hanno 10.000 o 20.000 euro da spendere sull’unghia. Si affidano quindi a società di credito al consumo, spesso portate dalle aziende stesse, per ottenere dei prestiti.
Questo è un aspetto rilevante dal punto di vista della tutela dei consumatori e delle verifiche che ogni finanziaria è tenuta a fare prima di erogare un prestito. Se infatti può essere comprensibile che la “signora Maria” non sia un’esperta di detrazioni fiscali e non conosca i prezzi di mercato per impianti rinnovabili e forniture energetiche, molto meno verosimile è che una finanziaria che lavora nel settore delle rinnovabili non sappia che un fotovoltaico da 3 kWp non possa costare 23.000 euro o un termo-arredo 10.000 euro, o che le bollette non siano detraibili. Qualche sospetto dovrebbe nascere in sede di istruttoria del prestito.
In alcuni casi, ci racconta Schiona, le finanziarie hanno già restituito le rate pagate dai primi consumatori che quasi un anno fa hanno cominciato a rivolgersi a Adiconsum. In questi casi, basandosi anche sull’indagine dell’Adiconsum di Padova e Rovigo, la finanziaria ha anche già estinto il prestito e intentato una rivalsa diretta nei confronti delle aziende – un fatto eccezionale – aggiunge Schiona.
Comunemente, infatti, le finanziarie non querelano l’azienda, ma portano in tribunale il cliente che vuole svincolarsi dagli obblighi, affinché il cliente a sua volta quereli l’azienda venditrice. Ciò in quanto il contratto di prestito è accessorio rispetto al contratto di vendita del bene/servizio e solitamente per estinguere un prestito una finanziaria vuole che ci sia la decisione di un giudice sul contratto principale.
Da parte sua, l’azienda venditrice che è stata chiamata in causa dalla finanziaria non ha finora contro-querelato, dice Schiona, poiché “sa benissimo che se ci porta in tribunale perde un’altra volta e spende anche dei soldi.”
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