Big Oil non si rassegna: oltre 1 mld $ in 3 anni in lobbying e disinformazione sul clima
Le multinazionali del petrolio continuano a ostacolare le politiche sul clima e a diffondere informazioni fuorvianti sulle loro iniziative industriali: è il cosiddetto greenwashing cioè far credere di essere “verdi” anche se le attività dell’azienda sono tutt’altro che a basso impatto ambientale.
Il think-tank indipendente inglese InfluenceMap ha pubblicato un rapporto (scaricabile gratuitamente dal link in bsso) centrato sui primi cinque colossi petroliferi mondiali: ExxonMobil, Shell, Chevron, BP, Total.
Nel documento si legge che le compagnie “Big Oil” nel complesso hanno speso oltre un miliardo di dollari negli ultimi tre anni, da quando sono stati firmati gli accordi di Parigi, per fare disinformazione (sia direttamente sia finanziando associazioni “amiche”) sui temi che riguardano i cambiamenti climatici, con una serie di tecniche di branding e lobbying.
In altre parole: da un lato, le multinazionali oil&gas hanno cercato di proporre al pubblico un’immagine positiva del loro marchio in termini di profilo ambientale, riduzione delle emissioni inquinanti, investimenti in tecnologie low-carbon.
Dall’altro, erano impegnate a bloccare nuove leggi e misure che avrebbero danneggiato i loro interessi perché volte a contrastare la produzione e l’utilizzo di carburanti fossili; vedi anche questo articolo sulla crescita degli investimenti in petrolio, gas e carbone di 33 grandi banche in tutto il mondo.
In media, evidenzia InfluenceMap, le cinque società hanno dedicato 400 milioni di dollari l’anno a questo genere di attività; inoltre, lo studio chiarisce che gli investimenti previsti per il 2019 nelle energie più pulite sono irrisori, se confrontati con il denaro indirizzato alle fonti fossili: 3,6 miliardi di dollari vs 110,4 miliardi.
Il grafico sotto riassume tutti questi dati.
Infine qualche esempio di disinformazione e manovre lobbistiche, tratto dal documento: ExxonMobil sta promuovendo le sue ricerche nel campo dei biocombustibili basati sulle alghe, ma poi si scopre che l’obiettivo di produrre 10.000 barili giornalieri di biofuel entro il 2025 sarebbe pari ad appena lo 0,2% della sua attuale capacità di raffinazione globale.
Nel 2018, BP ha donato 13 milioni di dollari a una campagna che ha avuto successo nell’evitare l’adozione di una carbon tax nello Stato di Washington; Chevron e BP hanno fatto molte pressioni sui politici Usa per evitare che la Casa Bianca andasse a regolare/limitare le emissioni cosiddette “fuggitive” di metano da giacimenti e pozzi di petrolio e gas.
Mentre un esempio italiano recente di presunto greenwashing riguarda Eni e la sua pubblicità, ritenuta ingannevole, sulle caratteristiche “verdi” del diesel+ (vedi qui).
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