Bonus mobili: rivedere la detrazione sui grandi elettrodomestici
Da qualche anno, in contemporanea agli interventi di manutenzione straordinaria dei nostri appartamenti e case, è possibile procedere all’acquisto incentivato di elettrodomestici nuovi grazie al cosiddetto “Bonus Mobili”.
Si tratta di una misura che consente lo sgravio fiscale del 50% sui grandi elettrodomestici acquistati nell’anno e sui costi correlati di trasporto e montaggio.
Rientrano fra i grandi elettrodomestici, per esempio: frigoriferi, congelatori, lavatrici, asciugatrici, lavastoviglie, apparecchi di cottura, stufe elettriche, piastre riscaldanti elettriche, forni a microonde, apparecchi elettrici di riscaldamento, radiatori elettrici, ventilatori elettrici, apparecchi per il condizionamento.
Per ottenere lo sgravio è necessario che l’acquisto avvenga, per l’appunto, in occasione di altri lavori di efficientamento dell’edificio o comunque di ristrutturazione: non viene quindi incentivato l’acquisto tout cour dell’elettrodomestico, lasciando intendere che si tratti di una misura di completamento di quello che è il quadro nazionale di incentivazione dell’efficienza energetica, che ha nel conto termico, nei certificati bianchi e nell’ecobonus i suoi cardini: è noto, infatti, che un elettrodomestico di nuova generazione è mediamente molto più efficiente di uno di vecchia generazione.
Le stime della Commissione Europea sul pacchetto di misure ecodesign ed etichetta energetica realizzate negli ultimi quindici anni non solo accreditano a queste politiche circa il 50% degli obiettivi di risparmio energetico al 2020 ma anche circa un terzo delle mancate emissioni.
A livello di consumi familiari, la stima è che si siano ridotti della metà rispetto allo scenario B.A.U. (business as usual) dei primi anni 2000, per un risparmio medio nella bolletta della famiglia europea di oltre 400 euro. Di questi consumi, una parte rilevante è determinata da frigorifero, lavatrice, lavastoviglie.
Un limite del bonus mobili per gli elettrodomestici
Tuttavia un dettaglio della norma italiana ne sconfessa la natura energetica e rivela la vera sostanza del provvedimento, che è quella di intervento macroeconomico anticongiunturale, in aiuto al settore manifatturiero nostrano e non.
Per accedere al bonus, infatti, è necessario acquistare prodotti che corrispondano a classi di efficienza precise, indicate dall’etichetta energetica (dove prevista): la classe A+ è il minimo previsto per i frigoriferi, lavatrici e lavastoviglie, mentre la classe A il minimo per i forni. Ebbene, si tratta delle classi minime acquistabili sul mercato.
Come a dire che il provvedimento non è diretto a orientare il consumatore verso i prodotti più efficienti disponibili, ma semplicemente verso la rottamazione dell’esistente.
L’equivoco è possibile a causa della vecchia etichetta energetica e dei suoi “+”. La discussa etichetta (ormai superata dalla nuova etichetta che tornerà alla scala A-G ma che a causa delle lobby dei produttori non entrerà in vigore ancora prima di due anni) fa molta confusione e induce il consumatore che acquista un prodotto A+ a pensare di aver comperato un prodotto tra i migliori del mercato.
In realtà è vero il contrario: nel caso di frigo, lavatrici e lavastoviglie, si trova in mano un prodotto della peggiore categoria energetica oggi presente sul mercato perché i crescenti standard di efficienza previsti dalla normativa ecodesign negli anni hanno messo fuori mercato i prodotti al di sotto di quella categoria. Lo stesso ragionamento vale per la classe A dei forni da incasso (gli unici coperti da etichetta).
Poco male, si dirà: sarà sempre meglio del vecchio elettrodomestico che si aveva in casa. Vero. Ma va anche considerato che gli elettrodomestici non si cambiano, di solito, se non sono rotti e quando si fa un acquisto, di norma quell’acquisto rimane in casa per anni, auspicabilmente una decina o giù di lì.
Classi energetiche e risparmio consumi in un esempio
Quindi sarebbe bene fare un acquisto oculato. Ed è anche bene notare che tra un frigorifero mediocre di classe A+ e un frigorifero di classe A+++ ci può essere una differenza di consumi fino al 40%.
Per elettrodomestici come il frigorifero, che è acceso 24/7 la cosa non è banale né per la bolletta familiare, né per il fabbisogno della rete.
Facciamo un esempio. Immaginiamo che la famiglia Rossi acquisti un frigorifero con congelatore a installazione libera, da 370 litri, di classe A+++ dal prezzo di 588 € (Iva inclusa) e dal consumo stimato di 178 kWh annui.
Mettiamo invece che la famiglia Bianchi ne acquisti uno all’incirca della stessa capienza, di classe A+, al prezzo di 285 € che si stima consumi 265 kWh annui.
Ebbene la tabella seguente indica il costo per ciclo di vita del prodotto (costi finanziari, costi della pratica e altre variabili sono stati eliminati per semplicità), ovvero la somma del costo di acquisto (spalmato nei 10 anni di vita stimati) e del consumo di corrente elettrica, calcolato con un costo crescente del 3% annuo, senza nessun incentivo statale.
Da questa tabella si evince che, senza incentivi, il frigorifero di classe A+++ finisce per costare circa 50 euro in più alla famiglia, nel corso della sua vita.
Nella tabella seguente, invece, è inserito lo scenario in cui entrambe le famiglie fanno ricorso al “bonus mobili” e usufruiscono della detrazione del 50%.
Già da questa tabella si rende evidente che il bonus mobili, abbattendo il costo vivo del prodotto, favorisce il frigorifero più costoso e lo rende conveniente sul lungo periodo, facendo risparmiare la famiglia Rossi fin dal primo anno circa 5 euro, che aumentano nel tempo per effetto dell’inflazione energetica.
Nella terza tabella, infine, abbiamo ipotizzato che il Bonus Mobili per il 2019 e gli anni seguenti venga rimodulato in base all’efficienza e, quindi, abbiamo attribuito una detrazione del 36% per il frigorifero della famiglia Bianchi, di classe A+, e del 65% per il frigorifero della famiglia Rossi, di classe A+++.
Questa tabella dimostra che una rimodulazione degli sgravi, oltre a rendere fortemente più conveniente il prodotto più efficiente (con un risparmio di 15 € fin dal primo anno, che diventano quasi 20 € al decimo anno) risponde al criterio “a maggiore investimento ambientale, maggiore aiuto da parte del governo”.
Benefici macro
Non va dimenticato, infatti, che parliamo di politiche di gestione dei consumi elettrici e che, a fine vita dei due prodotti, la differenza dei consumi cumulati è stimata in 862 kWh.
Una tale differenza, moltiplicata per un numero congruo di elettrodomestici in dieci anni (per ipotesi di scuola, si stimi un milione) comporterebbe un taglio significativo del baseload dovuto ai consumi domestici (dell’ordine di qualche punto percentuale) e un mancato consumo su base decennale pari a 862 GWh.
Rivedere la quota di detrazione fiscale
Emerge quindi l’esigenza di rivedere la politica di incentivazione dei grandi elettrodomestici affinché, oltre ad un’azione di stimolo al rinnovo del parco esistente e sostegno all’industria nazionale (l’Italia è ancora il secondo paese manifatturiero in Europa, anche se molte aziende in questo settore hanno delocalizzato la produzione) diventi anche una vera politica di promozione delle tecnologie più efficienti in ambito domestico.
Va precisato, tuttavia, che la confusione relativa ai segni “+” in etichetta non riguarda tutti i prodotti incentivati: alcune etichette, infatti, emesse dopo quelle dei frigoriferi e delle lavatrici, non hanno ancora popolato – come si dice tecnicamente – le classi A++ e A+++: per questi elettrodomestici, quindi, la classe A+ rappresenta effettivamente la scelta più efficiente presente sul mercato.
La modifica, quindi, è da concentrare sui grandi elettrodomestici (frigoriferi, congelatori, lavatrici, lavastoviglie) in attesa dell’arrivo delle nuove etichette, con le quali la classe A tornerà ad essere la migliore per queste categorie.
Sul piano della politica industriale, infine, la modulazione degli incentivi verso una maggiore efficienza energetica (anche a parità di plafond di investimento pubblico) darebbe un segnale forte al mercato e favorirebbe le aziende più innovative che, attraverso la ricerca e lo sviluppo, hanno saputo produrre elettrodomestici più efficienti a prezzi competitivi e sfavorirebbe le produzioni a basso costo e bassa efficienza, spesso prodotte all’estero.
L’industria italiana, infatti, è sempre più concentrata sul segmento smart (il più richiesto per l’export) e la produzione è scesa al di sotto i 10 milioni di pezzi (fonte: Applia Italia) per la prima volta, segno che ormai si punta alla qualità più che alla quantità.
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