Clima, come si è arrivati alla CoP24 e cosa si discute in Polonia

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Clima, come si è arrivati alla CoP24 e cosa si discute in Polonia

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Quali risultati raggiungerà il vertice Onu sul clima in corso a Katowice in Polonia?

È già la ventiquattresima conferenza mondiale (CoP24, Conference of the Parties) dove i paesi sono impegnati a discutere di come combattere i cambiamenti climatici, ed è stata preceduta da diversi studi scientifici che hanno evidenziato quanto sarà ardua l’impresa di ridurre le emissioni inquinanti.

Rivediamoli in sintesi.

A ottobre l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change, l’organismo delle Nazioni Unite che studia il surriscaldamento globale) ha pubblicato un rapporto speciale in cui afferma che serve una trasformazione “senza precedenti” nella storia umana del mix energetico.

Bisogna tagliare rapidamente e drasticamente le emissioni di gas-serra, per avere qualche possibilità di contenere l’aumento medio delle temperature “ben sotto” 2 gradi entro la fine del secolo, in confronto ai livelli di CO2 registrati nell’età preindustriale, come prevedono gli accordi di Parigi del 2015.

Anche la IEA (International Energy Agency), nel World Energy Outlook 2018 uscito a metà novembre, ha parlato dello sforzo “politico-economico senza precedenti” che sarebbe necessario per eliminare gradualmente i combustibili fossili.

Ma nessuno scenario della IEA ritiene che le fonti rinnovabili riusciranno da sole ad azzerare o quasi le emissioni di anidride carbonica: carbone, gas e petrolio – soprattutto gas e petrolio – continueranno a valere fette consistenti delle forniture complessive di energia, perché alcuni settori, come i trasporti, saranno particolarmente difficili da “ripulire” dall’uso di carburanti tradizionali.

Così secondo l’agenzia internazionale dell’energia e anche secondo l’IPCC, sarebbe indispensabile impiegare su vasta scala le tecnologie che consentono di catturare/rimuovere la CO2 già rilasciata nell’atmosfera dalle attività umane.

Altrimenti, emerge dai vari documenti, possiamo scordarci di realizzare quell’economia “a impatto climatico zero” rilanciata dall’Unione europea nella strategia 2050.

E mentre si moltiplicavano gli appelli di Stati e multinazionali per andare verso un’economia a zero emissioni entro pochi decenni, alla fine di novembre due rapporti facevano suonare lo stesso campanello d’allarme lanciato dall’IPCC un mese prima.

Prima l’agenzia europea per l’ambiente (EEA, European Environment Agency) ha segnalato che in base alle proiezioni attuali, gli Stati membri non riusciranno a raggiungere i nuovi obiettivi fissati dalle direttive per le rinnovabili e l’efficienza energetica al 2030.

Poi l’Unep (United Nations Environmental Programme, il programma ambientale dell’Onu) ha spiegato che dovremo almeno triplicare gli sforzi per provare a limitare il surriscaldamento a 1,5-2 gradi.

Difatti, si legge in quel rapporto, resta un divario enorme tra il livello di emissioni inquinanti che presumibilmente si toccherà nel 2030 e il livello di emissioni compatibile con i traguardi di Parigi.

Al momento, le misure taglia-CO2 incluse nei piani nazionali predisposti dai paesi che hanno ratificato gli accordi parigini (NDC, Nationally Determined Contributions), sono del tutto insufficienti.

La traiettoria che stiamo seguendo prevede un aumento delle temperature di circa 3 gradi a fine secolo.

Obiettivi salva-clima fuori portata, quindi?

Uno studio appena diffuso da Wood Mackenzie e ripreso da GTM Research, sostiene che nel 2040, nonostante il boom della mobilità elettrica, delle rinnovabili (eolico e solare soprattutto) e dei sistemi di accumulo come le batterie, le fonti fossili pur in declino rispetto al picco degli anni precedenti soddisferanno ancora il 77% circa della domanda mondiale di energia primaria, vedi il grafico sotto.

Quanto sia “sensibile” il tema della transizione ecologica è evidente in questi giorni in Francia, dove la protesta dei gilet gialli – a prescindere dalle altre considerazioni politiche del confronto tra Macron e gli schieramenti della destra populista – sta mettendo a rischio l’adozione delle misure volute dal governo francese per tassare maggiormente i carburanti fossili (vedi qui l’approfondimento di Gianni Silvestrini su una possibile carbon tax europea).

Senza dimenticare che il presidente della Polonia, Andrzej Duda, ha difeso strenuamente l’utilizzo del carbone nel suo paese, proprio all’apertura della CoP24, perché lo considera una risorsa fondamentale per garantire la sicurezza energetica polacca.

Intanto negli Stati Uniti del presidente clima-scettico per eccellenza, Donald Trump, i democratici guidati dalla neoeletta al Congresso Alexandria Ocasio-Cortez (vedi anche QualEnergia.it) hanno proposto d’istituire un comitato con il compito di definire un “green new deal” entro il 2020, un piano economico-industriale per sostituire le fonti fossili con tecnologie a zero emissioni.

Non resta che rimanere sintonizzati sulla CoP24 fino al 14 dicembre, per capire quale direzione prenderanno le nazioni di tutto il mondo: impegnarsi sempre di più a ridurre l’inquinamento, o rinviare per l’ennesima volta le decisioni più importanti?

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