Clima, il limite fissato a Parigi potrebbe essere sforato già prima del 2023
Il 2019 sta portando altri dati sul clima che preoccupano gli scienziati: secondo le previsioni di medio termine appena pubblicate dal Met Office inglese (decadal forecast, quelle previsioni che coprono lo spazio vuoto tra i bollettini meteorologici e i modelli climatici pluridecennali, link in basso), per la prima volta si rischia di sforare temporaneamente il limite di 1,5 gradi di riscaldamento.
Da qui al 2023, infatti, sostengono i climatologi del Met Office, c’è una possibilità intorno al 10% di avere almeno un anno in cui le temperature medie superficiali del nostro Pianeta saranno più elevate di oltre un grado e mezzo, rispetto all’età preindustriale (1850-1900).
Questo non significa che l’obiettivo stabilito dagli accordi di Parigi nel 2015 sia definitivamente fuori portata: contenere il surriscaldamento globale a 1,5-2 gradi centigradi entro la fine del secolo è un traguardo raggiungibile, anche se richiederà un impegno senza precedenti per diminuire velocemente le emissioni inquinanti (vedi qui i risultati dell’ultimo rapporto dell’IPCC uscito lo scorso ottobre).
La tabella sotto, tratta da una nota online del Met Office, riassume la situazione.
Secondo le elaborazioni del servizio meteorologico inglese, le temperature medie terrestri dovrebbero rimanere più alte di circa +1/+1,57 gradi centigradi in confronto alla media registrata nel 1850-1900, trasformando così il decennio 2014-2023 nel più caldo da oltre 150 anni.
L’anno più caldo in assoluto registrato finora è stato il 2016: +1,1 gradi rispetto all’epoca preindustriale anche a causa degli effetti “naturali” determinati da El Niño, il periodico riscaldamento delle acque del Pacifico meridionale e orientale tra dicembre e gennaio.
Proprio questo fenomeno climatico potrebbe contribuire a “spingere” le temperature mondiali per la prima volta sopra la soglia di 1,5 gradi.
Intanto i climatologi del Met Office hanno evidenziato che il 2018 è stato il quarto anno più caldo di sempre, in linea con la tendenza a un progressivo riscaldamento provocato dalle emissioni antropogeniche di anidride carbonica (vedi anche QualEnergia.it con i dati europei di Copernicus).
La stessa conclusione – il 2018 è stato il quarto anno più caldo – si ritrova nelle analisi diffuse da due agenzie governative americane, la NASA (National Aeronautics and Space Administration) e la NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration).
Più in dettaglio, i climatologi della NASA hanno riportato per il 2018 un aumento delle temperature di 0,83 gradi centigradi rispetto alla media registrata nel periodo 1951-1980, mentre gli esperti della NOAA parlano di un incremento pari a 0,79 gradi centigradi in confronto alla media osservata nel ventesimo secolo, vedi anche la cartina sotto.
Rimanendo negli Stati Uniti, aggiungono gli scienziati della NOAA, ben 14 eventi climatici estremi hanno colpito il paese nel 2018 causando oltre 90 miliardi di dollari di danni.
Interessante poi è guardare la mappa seguente, elaborata dalla NOAA (clicca sopra per ingrandire), che presenta il conto dei cambiamenti climatici in atto in tutto il mondo: ondate di calore, scioglimento dei ghiacci artici, uragani, tifoni, in sintesi tutto quello che di più rilevante è accaduto nel 2018.
Anche la World Meteorological Organization (WMO) ha confermato nei giorni scorsi quanto detto finora sul 2018, parlando di un incremento medio delle temperature superficiali di circa +1 grado rispetto alla “baseline” del 1850-1900.
Ricapitolando: tutte le analisi concordano che il 2018 è stato il quarto anno più caldo della storia, nel quadro più generale di una progressione continua delle temperature medie superficiali della Terra.
C’è un 10% di possibilità di sforare il limite di +1,5 gradi rispetto all’età preindustriale già nei prossimi anni (magari nel 2019, o nel 2020), anche se il superamento sarà temporaneo. Non c’è che dire: i segnali preoccupanti per il futuro del clima si fanno sempre più numerosi.
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