Clima, meglio una super carbon tax subito che un approccio graduale
Il clima della terra ha la febbre e per curarla è meglio una cura da cavallo subito che un approccio graduale. Non è il prevedibile desiderio di qualche ambientalista abituato a mettere gli ideali prima del pragmatismo, bensì la ricetta di un gruppo di economisti, abituati a mettere in fila i numeri più che gli ideali.
Da molti anni, molti economisti sono favorevoli a una tassa sulle emissioni di anidride carbonica che, senza privilegiare alcuna tecnologia o energia particolari, dissuada le aziende dallo scegliere fonti inquinanti e le incentivi indirettamente a scegliere fonti sostenibili.
Finora, però, la posizione prevalente prevedeva di partire da una tassa piuttosto bassa – diciamo $40 per tonnellata di CO2 – per poi aumentarla gradualmente nel tempo.
Adesso, alcuni economisti cominciano a credere che sia meglio un approccio opposto.
Secondo un nuovo studio pubblicato negli atti della statunitense National Academy of Sciences, allegato in fondo all’articolo, sarebbe meglio se una tassa sulla CO2 iniziasse subito da livelli molto alti – sopra $100 la tonnellata o potenzialmente anche sopra $200 – continuando ad aumentare per alcuni anni, per poi lentamente cominciare a scendere nei prossimi secoli, via via che si riuscirà a mitigare la crisi climatica.
Un cura shock del genere spingerebbe i paesi e le imprese ad eliminare la CO2 molto più rapidamente. Secondo gli autori dello studio, questa cura da cavallo è necessaria per recuperare il tempo perduto. Gli Stati Uniti e la maggior parte dei governi, infatti, aspettando ancora a mettere un prezzo sul carbonio rendono un approccio mite sempre meno efficace e sensato.
“Il risultato più sorprendente della ricerca è la rapidità con cui il costo del ritardo aumenta nel tempo”, ha dichiarato uno degli autori, Robert Litterman, esperto di gestione del rischio della banca d’affari Goldman Sachs, in una dichiarazione allegata allo studio. Il suo team ha stimato che se il mondo rimandasse di un solo altro anno l’imposizione di una tassa sulla CO2, i danni causati dai cambiamenti climatici aumenterebbero di $1 trilione aggiuntivo.
Attendere altri 10 anni causerebbe $100 trilioni di costi aggiuntivi causati dalla crisi climatica. Secondo questi economisti, insomma, si è già perso fin troppo tempo e i costi della malattia supereranno di molto i costi della cura, per quanto economicamente dolorosa.
Nessuno sa esattamente quanto il nostro pianeta si surriscalderà nei prossimi decenni. Il grado di rischio, sebbene alto, è incerto. Ma gli economisti, avvezzi a studiare attività finanziariamente rischiose, sono abituati a dare un valore al rischio.
I ricercatori hanno quindi preso in prestito un modello dal mondo della finanza, che è appunto focalizzato sulla misurazione del rischio. Il loro modello non convenzionale ha considerato il danno che i cambiamenti climatici porterebbero in futuro all’agricoltura, alle infrastrutture costiere e alla salute umana. La loro conclusione: quando la posta in gioco è alta come la salute del clima, i governi dovrebbero cercare di evitare a tutti i costi lo scenario peggiore.
“Dobbiamo agire di più oggi per darci spazio di manovra nel caso in cui il pianeta si rivelasse più fragile di quanto prevedano i modelli attuali”, ha detto Kent Daniel, professore alla Columbia Business School, nella dichiarazione.
I ricercatori della National Academy of Sciences non sono i primi a caldeggiare un approccio “cura da cavallo” per l’attuazione di una tassa sul carbonio, né sono i primi a proporre un prezzo così alto. Un rapporto del Gruppo Intergovernativo delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici ha suggerito l’anno scorso che limitare il riscaldamento globale a 1,5° C rispetto ai livelli preindustriali richiederebbe una serie di politiche climatiche coraggiose, compreso un prezzo del carbonio di almeno $135 la tonnellata entro il 2030 e forse fino a $5.500 la tonnellata.
Sebbene oltre 40 paesi abbiano implementato un qualche tipo di tassa sulla CO2, fra cui Canada, Messico e Svizzera, i loro livelli sono generalmente considerati troppo bassi per essere efficaci.
Non esiste alcuna imposta sulle emissioni di carbonio negli Stati Uniti o in Cina, i due maggiori emettitori mondiali.
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