Commissione Ue, “nessuna deroga di bilancio per le spese verdi”. La bozza del piano green
Da ieri, 1° dicembre, è formalmente operativa la nuova Commissione europea, con a capo la tedesca Ursale von der Leyen.
Nei giorni scorsi la presidente aveva annunciato un Green New Deal europeo, potenziale fulcro delle politiche economiche dell’unione, facendo capire che il fattore tempo sarà fondamentale.
Ed ecco che già una prima bozza, sebbene alquanto generica, del documento sta circolando in queste ore, più che altro un sommario di quello che sarà il piano (allegato in basso). Dovrebbe essere presentata ufficialmente l’11 dicembre.
Molti osservatori del fronte ambientalista, ma anche i critici sulle politiche di bilancio europeo, contestano il fatto che la presidente della Commissione abbia già indicato una linea molto rigida: gli investimenti verdi non verranno scorporati dal calcolo del deficit dei paesi Membri.
Il motivo? Grazie a questa cosiddetta “golden share”– a dire della von der Leyen – ci potrebbe essere la tentazione da parte degli Stati membri di fare politiche greenwashing, inefficaci dal punto di vista della riduzione delle emissioni. La presidente della CE ha dichiarato che “c’è già sufficiente margine di manovra nel patto di stabilità e crescita per fare investimenti verdi e sociali”.
La stessa presidente, ricordiamo, ha annunciato che il piano europeo prevederà investimenti green per 1000 miliardi di euro e che “l’Europa dovrà diventare il primo continente neutrale climaticamente entro il 2050″.
Una volta che questo documento sarà ufficiale capiremo se non sia anche la Commissione europea a fare ambientalismo di facciata o se nelle sue prossimi politiche si inciderà veramente nelle economie continentali con una profonda decarbonizzazione. I dubbi sono leciti, spulciando questa primissima bozza.
Sebbene via sia un generico consenso di molti partiti politici e anche del settore ambientalista sul “piano green von der Leyen”, già emergono le critiche rispetto al target di riduzione delle emissioni che non sarebbe coerente con gli obiettivi posti dall’accordo di Parigi.
Ad esempio, da Greenpeace si spiega che “che la proposta dell’Ue di aumentare gli obiettivi al 50% o al 55% non è in linea con l’accordo di Parigi e al suo obiettivo di limitare il riscaldamento globale a meno di 2 °C e il più vicino possibile a 1,5 ° C”.
Greenpeace e altre organizzazioni ambientaliste chiedono un target di almeno il 65% entro il 2030. La bozza del Green Deal europeo, diffusa dall’agenzia Euractiv, e contrassegnata “solo per uso interno”, al momento sembra più una lista della spesa, piena di numerosi punti messi in fila con alcuni titoli.
In cima alla lista c’è l’obiettivo di raggiungere, come annunciato, la neutralità climatica entro il 2050. A questo proposito una legge ad hoc verrà presentata entro marzo 2020, si legge nel documento.
Ed entro ottobre 2020, la Commissione poi presenterà un piano globale su come aumentare l’obiettivo di riduzione delle emissioni dell’Ue per il 2030 ad almeno il 50% e nella direzione del 55% rispetto all’anno 1990.
Ma molti sostengono che questa data sia troppo in là per proporre un nuovo obiettivo per il clima per il 2030.
“I leader dell’Ue non concorderanno un nuovo obiettivo per il 2030 se non dopo una valutazione d’impatto, che non lascerebbe abbastanza tempo all’Unione per presentare un nuovo obiettivo per il 2030 nella COP26 di Glasgow nel novembre 2020, come richiesto dall’accordo di Parigi sul clima”, ha dichiarato Franziska Achterberg di Greenpeace.
Tornando alla bozza, si legge che il concetto di sostenibilità verrà integrato in tutte le politiche, eliminando quindi tutta quella legislazione incoerente con l’effettiva realizzazione del Green Deal.
In questo ambito ci sono anche gli aspetti finanziari con una proposta di “screening e benchmark delle pratiche di bilancio verde” sia a livello europeo che nazionale. A questo scopo nel giugno 2020 sarà presentato un “piano d’azione sul finanziamento verde”.
È inoltre all’ordine del giorno una revisione degli “orientamenti sugli aiuti di Stato per l’ambiente e l’energia”.
C’è poi una proposta di revisione della direttiva sulla tassazione dell’energia che andrà allineata con le nuove politiche climatiche. La Commissione prevede di estendere il meccanismo ETS al settore marittimo e aereo, riducendo ad esempio la quantità di crediti gratuiti di emissione assegnati alle compagnie aeree. Sempre sul trasporto si parla di un obiettivo di spostare il 75% dei trasporti dalle strade alle ferrovie e alle vie marittime.
Tuttavia, non sembra prevista ancora alcuna tassa sul cherosene per far fronte in modo serio alle emissioni del trasporto aereo. E inoltre non sembra essere traccia di una tassa sull’import di carbonio (carbon border tax), già annunciata, e che dovrebbe proteggere le industrie europee, come quella siderurgica, dalle importazioni cinesi praticate secondo la logica del dumping.
Greenpeace critica poi le azioni sulla politica agricola per la quale non ci sono misure adeguate per affrontare “l’eccessivo consumo di carne e prodotti lattiero-caseari o uso di fertilizzanti artificiali”.
Sulla qualità dell’aria si fa riferimento alla necessità di allineare gli standard Ue con quelli Oms. Forse ciò prevederà di estendere le regole Ue ad inquinanti finora non coperti, come il PM2,5. Tra le altre proposte anche quelle di dedicare il 35% delle risorse per il programma di ricerca per sviluppare le soluzioni tecnologiche green.
Infine, c’è tutta la partita della sostenibilità del commercio internazionale che però esula dal ruolo della commissione e che rischia di essere una delle fonti principali di impatto ambientale.
La commissione e la sua presidente dovranno ora dimostrare concretamente di voler rendere l’Europa neutrale dal punto di vista climatico entro il 2050. E, come ha rimarcato, la presidente, i tempi sono stretti.
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