Compensare le emissioni rimuovendo CO2 “davvero”, una nuova idea basata sulla blockchain
C’è chi scommette sulla possibilità di invertire la rotta del cambiamento climatico con le soluzioni per rimuovere la CO2 dall’atmosfera (carbon removal). E ha deciso di fare la sua puntata impiegando la tecnologia blockchain.
Parliamo di Nori, una start-up americana basata a Seattle, che nel 2020 lancerà la sua piattaforma digitale per l’acquisto di certificati (CRC: Carbon Removal Certificate) che attestano l’avvenuta rimozione della CO2 dall’aria e il suo stoccaggio nel suolo, negli alberi, in depositi sotterranei e così via.
Sembra macchinoso? In realtà lo è meno di quanto si pensi.
Come si fa a rimuovere la CO2 dall’aria
L’obiettivo è catturare l’anidride carbonica presente nell’aria e immagazzinarla da qualche parte.
Ci sono diversi modi per farlo: piantare nuove foreste, gestire il suolo con tecniche di agricoltura rigenerativa che permettono di arricchire il terreno di carbonio (soil carbon storage), estrarre direttamente la CO2 dall’aria con impianti DAC (Direct Air Capture) e “fissarla” nei minerali carbonatici o in determinati materiali con un valore economico, come polimeri e cemento, realizzare impianti BECCS (Bioenergy with Carbon Capture and Storage) che sfruttano le piante per assorbire la CO2 durante la loro crescita e poi per produrre energia “sequestrando” le emissioni nel sottosuolo.
L’importante, sottolinea Nori, è rimuovere della CO2 oltre a quella che sarebbe stata eliminata “naturalmente” dagli ecosistemi esistenti.
In altre parole: bisogna garantire un risultato aggiuntivo a costi sostenibili e senza danni all’ambiente.
L’idea di Nori è diversa dai tradizionali sistemi per compensare le emissioni di CO2 (carbon compensation). Questi ultimi prevedono di pagare un extra costo su un prodotto o servizio – per esempio un biglietto aereo o la fornitura di gas naturale a casa – per finanziare attività e progetti che consentono di compensare le emissioni inquinanti del prodotto o servizio acquistato.
Insomma, prendo un aereo per Dubai e lo pago più caro per sovvenzionare un progetto di riforestazione in Amazzonia o in qualche altro angolo del Pianeta.
Peccato che tali sistemi, in molti casi, non funzionino come dovrebbero perché sono poco regolamentati, oltre che viziati da errori di doppio conteggio (double counting) dell’anidride carbonica rimossa; ciò avviene, per esempio, quando una stessa tonnellata di CO2 viene calcolata più di una volta tra differenti meccanismi o differenti mercati delle emissioni.
E poi c’è sempre il rischio di pagare un extra costo per un’attività – ad esempio, la gestione di una certa foresta – che sarebbe stata svolta in ogni caso, a prescindere dall’esistenza del programma stesso per la compensazione del carbonio.
Si parte con l’agricoltura rigenerativa
Così Nori ha pensato di sviluppare una piattaforma “aperta” basata sulla blockchain.
In sostanza, si avrà la certezza di pagare per una certa quantità di CO2 che è stata effettivamente rimossa dall’atmosfera utilizzando una specifica tecnica/tecnologia di rimozione.
A garantire la validità dei certificati ci penserà la struttura stessa della blockchain, la “catena di blocchi”: in sintesi, un database distribuito, dove ogni blocco informatico aggiunto all’archivio digitale contiene le informazioni che riguardano tutte le operazioni eseguite sulla catena stessa.
Ciò serve proprio a convalidare le transazioni (il principio alla base di cripto valute come i Bitcoin) con trasparenza e sicurezza evitando anche il doppio conteggio di una singola operazione.
La piattaforma si rivolge soprattutto alle aziende che puntano ad azzerare la loro “impronta di carbonio” acquistando crediti di compensazione delle emissioni, ma possono partecipare anche singole persone interessate a ridurre il loro impatto sull’ambiente e a investire in un mercato nascente, perché a ogni tonnellata di CO2 rimossa sarà assegnato un token di Nori, una moneta virtuale che potrà aumentare di valore nel mercato futuro del carbonio in base alla domanda-offerta di certificati.
E i primi progetti inseriti nella piattaforma saranno di agricoltura rigenerativa volta a incrementare la capacità del terreno di “trattenere” la CO2.
In pratica, i proventi dei certificati – tolta la commissione del 10% per Nori – andranno a finanziare le pratiche agricole sostenibili dei contadini che aderiscono al programma.
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