Efficienza e rinnovabili, perché all’Italia serve una strategia industriale più forte
Che cosa deve fare l’Italia per conciliare la transizione energetica con lo sviluppo economico?
A questa tipica domanda sul futuro del nostro paese – spesso accusato di non essere riuscito finora a creare una filiera industriale in molti settori delle energie rinnovabili – prova a dare qualche risposta in più un nuovo studio (di cui alleghiamo in basso l’estratto) realizzato da Federmanager in collaborazione con Aiee (Associazione Italiana Economisti dell’Energia), presentato mercoledì 30 gennaio, a Roma.
Secondo il documento, in sintesi, l’Italia deve puntare sulla “piccola scala”, quindi in sostanza, parlando di fonti rinnovabili, sugli interventi di efficienza energetica e di generazione distribuita a livello di “singola impresa o famiglia”, evidenzia Federmanager.
E qui c’è anche una critica alla Strategia Energetica Nazionale (SEN): l’associazione che rappresenta il mondo del management delle aziende, infatti, ritiene che la SEN non abbia considerato in modo adeguato il ruolo italiano nelle tecnologie che dovrebbero portare alla decarbonizzazione del mix energetico.
Perché la “via italiana alla decarbonizzazione”, si legge nell’estratto del documento, dovrebbe orientarsi maggiormente verso le soluzioni “small scale” che sarebbero capaci, evidenzia Federmanager, di “valorizzare l’ingegneria italiana” nel campo dell’efficienza energetica in edilizia (abbinata alle misure antisismiche) e in quello della generazione termica ad alto rendimento.
Entrambi questi settori consentirebbero di valorizzare competenze e manodopera made in Italy.
Invece, precisa il documento, in Italia al momento (neretti nostri) “sembra mancare una strategia sullo sviluppo industriale”, perché il nostro Paese “non ha saputo cogliere diverse opportunità in merito alle tecnologie per lo sfruttamento di risorse rinnovabili rispetto ad altre realtà europee”.
E per colmare il divario che si è creato negli scorsi anni, chiarisce Federmanager, “l’Italia ha bisogno di una forte strategia industriale, sviluppando tecnologia e rafforzando la ricerca […]”.
Un aspetto su cui riflettere proprio quando in queste ore si parla di nuovo pericolo recessione in Italia (oltre che in Europa) e in molti strepitano per spingere solo sulle grandi opere, a prescindere.
- L’estratto dello studio (pdf)
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