Essere certi di acquistare energia “verde”: come funziona la Garanzia di Origine
La si potrebbe chiamare il Doc o Docg dell’elettricità: si tratta della Garanzia d’Origine, o GO, i certificati, rilasciati in Italia dal Gse, che attestano l’origine dei MWh venduti come rinnovabili.
Ci torniamo ancora una volta perché c’è grande interesse da parte dei sempre più numerosi consumatori di “energia verde” offerta sul mercato.
Quando questi ricevono la bolletta che attesta che quello che hanno consumato in casa è tutto (o quasi) da fonti rinnovabili, sappiano che sono queste GO a garantire che sia vero.
Però… come avranno notato gli stessi utenti, dopo aver firmato il contratto, nessuno è venuto a casa loro a tirare un cavo dall’abitazione fino alla centrale solare o eolica o idroelettrica più vicina. Come fa quindi la loro elettricità ad essere diventata miracolosamente “verde”?
La ragione è che a differenza del Doc, che mi garantisce che quanto ho acquistato proviene da una certa zona ed è fatto con certi ingredienti e modalità, quando acquisto elettricità verde garantita dalla GO, in casa, in realtà, continua ad arrivare la stessa elettricità di prima, quindi, in Italia, prodotta per il 65% circa, da fonti fossili e da nucleare importato.
La GO mi garantisce solo, che da qualche altra parte nel continente, qualcuno ha prodotto una identica quantità di energia verde.
«La certificazione delle GO – spiegano i tecnici del Gse – è stata prevista da Direttive europee sulle rinnovabili, la prima del 2001, recepite nell’ordinamento nazionale con i relativi decreti legislativi. A ciò si è poi aggiunto il provvedimento dell’Arera in Italia nel 2011 in materia di “offerte verdi”». Ed è proprio l’Autorità per l’Energia che vigila sulle offerte di energia verde del mercato libero.
Il Gse rilascia GO su richiesta dei produttori italiani indipendenti di energia rinnovabile, dopo aver effettuato controlli sulla produzione effettiva: questa certificazione viene fatta pagare 3 centesimi al MWh, che servono a coprire le spese amministrative.
«Ma gran parte dei certificati GO italiani è relativa all’energia rinnovabile che il Gse tratta in proprio, cioè quella che rivendiamo sul mercato dell’energia, dopo averla acquisita con il ritiro dedicato o lo scambio sul posto da decine di migliaia di produttori. In questo caso organizziamo, tramite il Gme (Gestore del Mercato elettrico, ndr), delle aste per i trader di elettricità all’ingrosso, che acquistano le GO a prezzi che in genere oscillano fra gli 0,5 e 1 euro per MWh», dicono al Gse.
E che ci fanno i venditori di elettricità con queste GO?
«È semplice: garantiscono con esse la veridicità del mix energetico dell’elettricità che vendono. Se un trader o un produttore vende 100 MWh di elettricità “verde” 100% a uno o più clienti, deve, per legge, accompagnarli con 100 MWh di GO, e successivamente annullati a favore dei medesimi clienti. Un trader può coprire le sue necessità mese per mese alle nostre aste, ma, se alla fine dell’anno avesse un deficit di copertura, può usare le offerte dei primi tre mesi dell’anno per compensarlo», concludono i tecnici Gse.
I trader europei dell’elettricità possono però acquistare certificati nell’intero continente, oltre che scambiarseli fra di loro: una piattaforma digitale europea indica ogni GO con un codice numerico unico che permette di tracciare quel MWh all’impianto e al periodo di produzione.
Una volta che il MWh è arrivato ai clienti finali, il codice della GO viene annullato. Ciò significa che, per esempio, un kWh “verde” garantito, consumato a Bari da un cliente “ambientalista”, sia in realtà uguale a quella di tutti gli altri (magari arriva pure da una vicina centrale a carbone di Brindisi), ma porta un virtuale “timbro verde” legato ad un kWh generato mesi prima dal vento in Lituania o dal sole in Portogallo, e consumato laggiù.
Insomma, viene da pensare, è come se uno comprasse del parmigiano Dop, ma nella confezione trovasse una crosta ammuffita e un biglietto che lo assicura; però il suo parmigiano è stato comunque prodotto e mangiato mesi fa da qualcun altro…
«Beh, non è proprio così», precisa Stefano Cavriani, fondatore di Ego, una delle maggiori società di trading elettrico italiano, e seconda, dopo il Gse, come movimentazione di GO, con 25 TWh nel 2018.
«Si produce elettricità verde per abbassare il livello di emissioni di CO2 nel mondo, per cui che sia prodotta dietro casa o in Finlandia, l’efficacia è la stessa. E, quanto alla “qualità” il paragone parmigiano-crosta non regge: gli elettroni provenienti dal solare sono identici a quelli da nucleare o da carbone. Quindi le GO, sono sì uno strumento di marketing, ma anche un modo, tecnicamente inevitabile, visto che non si possono connettere direttamente produttori e consumatori per creare una domanda specifica di energie rinnovabili che spinga a produrne sempre di più».
E in effetti il mercato dei GO è in continua crescita: prima era limitato quasi ai soli paesi nordici, mentre ora sta conquistando l’intero continente, dando modo ai clienti domestici di fare qualcosa per l’ambiente, e a quelli industriali o del commercio, di annunciare “noi usiamo energia verde”.
Cavriani ci chiarisce anche un piccolo mistero dietro alle GO. Perché sono state pensati già nel 2001, quando la produzione da rinnovabili era minima e nessuno comprava all’epoca “elettricità verde”?
«In realtà in origine erano un mezzo per evitare truffe sull’acquisto all’estero di quote di rinnovabili da parte delle utility, che non ne producevano in proprio abbastanza da soddisfare le normative».
Ma nel prossimo futuro le GO potrebbero cambiare di nuovo pelle, assumendo un ruolo decisivo nell’aumento di produzione da rinnovabili. La chiave di ciò passa per i famosi PPA, i power purchase agreement, contratti che legano un produttore di elettricità e un consumatore, in genere per una durata maggiore a 10 anni e a un prezzo fisso o quasi del kWh.
L’economista Alessandro Marangoni, Ad di Althesys, ci spiega così questo legame: «nei PPA quasi sempre i due contraenti non sono a contatto, e se l’impianto è lontano dal cliente, il produttore fornisce l’energia attraverso un gestore di rete, includendo poi i costi di sistema e le tasse. I PPA prevedono anche clausole inerenti il “rischio consegna”, aspetto sensibile nel caso delle rinnovabili: per esempio, in caso di produzione insufficiente, il venditore potrebbe garantire comunque i volumi concordati, acquistando quanto manca sul mercato dell’energia rinnovabile».
Quindi i GO sono indispensabili sia per garantire la “qualità verde” dell’energia fornita dall’impianto del PPA, sia quella che potrebbe servire a compensare eventuali deficit produttivi.
«In futuro – riprende Cavriani – le GO saranno quindi sempre più importanti per stimolare lo sviluppo di nuovi impianti solari non incentivati, che useranno massicciamente i PPA perché garantiscono un ritorno assicurato del capitale. Andremo così da grandi consumatori elettrici, supermercati e industrie alimentari, e gli diremo: noi vi forniamo tutta l’elettricità dall’impianto X appena costruito in Sicilia, certificata con le relative GO, e voi potrete con orgoglio dire che le vostre attività sono fatte con energia verde, non incentivata e prodotta in un luogo preciso d’Italia. Insomma un’estensione all’energia che consumate, dell’origine controllata e garantita che già assicurate per gli altri vostri prodotti o ingredienti».
La stessa Docg dell’energia potrà essere proposta a utenti domestici da trader specializzati in quel settore, e se a questo si unisce il fatto che l’elettricità solare sta diventando la più economica di tutte (a Los Angeles un recente PPA ha fissato il suo prezzo a 20 $ al MWh per 25anni, da confrontare con i quasi 60 € del nostro PUN), ecco allora che si prospetta veramente un prossimo boom del fotovoltaico, stavolta non per incentivi, ma per la spinta del mercato.
Però, viene da chiedersi: il boom solare per la rete sarà concentrato al centro-sud, mentre i grandi consumatori saranno soprattutto al nord e allora ciò non produrrà un rischioso sbilanciamento della nostra rete?
«Il rischio c’è, e bisognerebbe che la politica intervenisse per prevenirlo, per esempio favorendo e spingendo per l’installazione di batterie presso i nuovi impianti solari, e seguendo Terna quando suggerisce la costruzione di impianti di pompaggio al sud per lo storage stagionale», conclude Cavriani.
Invece per ora la risposta governativa al prevedibile “sbilanciamento prossimo venturo”, è stato il decreto sul capacity market, che permetterà a certe centrali, per lo più a gas, di essere pagate solo per essere disponibili a fare da “tappabuchi” nei momenti di deficit delle rinnovabili.
Questo aiuterà molto i proprietari di impianti che ormai lavoravano solo poche ore l’anno, per la concorrenza delle rinnovabili, ma non eviterà che in certi momenti ci sia un eccesso di produzione elettrica da sole e vento, che andrà sprecata, se non accumulata da qualche parte.
Una risposta non da “New, green energy”, ma da “Jurassic energy”, insomma…
Powered by WPeMatico