Forte calo del carbone in Europa, ma è ancora lontana una vera “uscita”
La produzione di energia elettrica da carbone è crollata del 19% in Europa nella prima metà dell’anno, in confronto allo stesso periodo del 2018.
Ma tutto ciò non non basta a far parlare di una “nuova normalità”, perché restano alcune incognite sull’uscita definitiva da questa fonte fossile.
Questo lo scenario tracciato da un recente studio di Sandbag, un istituto indipendente specializzato in analisi sulla transizione energetica con sedi a Londra e Bruxelles: Europe’s great coal collapse of 2019 (documento allegato in basso).
La mappa riassume i punti più rilevanti emersi dai calcoli eseguiti da Sandbag sui dati di ENTSO-E, l’organizzazione che rappresenta gli operatori europei dei sistemi per la trasmissione di elettricità.
I cali maggiori si sono registrati in Irlanda e Francia con, rispettivamente, il 79% e 75% di carbone in meno rispetto a gennaio-giugno dello scorso anno.
In Gran Bretagna la generazione elettrica con questa fonte fossile ha perso il 65% nel paragone con il primo semestre del 2018.
E a maggio, ricorda Sandbag, le centrali a carbone inglesi, per la prima volta nella storia, sono rimaste spente per due intere settimane di fila.
Giù anche la Germania (-22%), dove però carbone e lignite continuano a rappresentare una fetta considerevole dell’output energetico, nonostante il boom delle rinnovabili che hanno coperto il 44% del consumo elettrico lordo nazionale da gennaio a giugno, il valore più alto toccato finora dal paese, grazie soprattutto alle condizioni ambientali favorevoli (ventosità e irraggiamento) che hanno sostenuto la produzione dei parchi eolici e solari.
E il peso del carbone tedesco resta notevole anche a livello europeo, perché il 35% dell’energia prodotta nel nostro continente con questo combustibile fossile proviene proprio dagli impianti in Germania.
In Italia il contributo del carbone al mix elettrico è diminuito del 28% secondo le stime di Sandbag.
Ricordiamo che il nostro paese sta affrontando il dibattito politico su come uscire dal carbone entro il 2025: in particolare, si discute se puntare di più sulla realizzazione di nuove centrali a gas o sullo sviluppo di accumuli (grandi installazioni di batterie al litio e pompaggi), fonti rinnovabili e tecnologie per gestire la variabilità della domanda elettrica.
Il crollo del combustibile più “sporco”, si legge nel documento di Sandbag, è stato compensato dalla crescita delle fonti rinnovabili e del gas naturale: 30 TWh di generazione elettrica aggiuntiva dai parchi eolici e solari in Europa nel semestre iniziale del 2019, sempre in confronto allo stesso periodo di un anno fa.
Anche le unità a gas hanno generato una trentina di TWh in più.
In particolare, il passaggio dal carbone al gas (coal-gas switching) in questi mesi, sostiene Sandbag, è stato favorito dalle dinamiche dei prezzi, tra cui anche l’aumento del costo della CO2 sul mercato ETS (Emissions Trading Scheme vedi anche qui).
Tuttavia, termina l’analisi, nel 2018 in Europa è stato chiuso solamente il 3% dell’intera potenza installata nel carbone, quindi le dismissioni delle centrali fossili dovranno accelerare se i governi vorranno rispettare i loro piani di coal phase-out.
La mappa sotto mostra la situazione in Europa.
In pratica, secondo gli esperti di Sandbag, i vari paesi dell’Ue dovranno lavorare su più fronti: promuovere l’installazione di rinnovabili e sistemi per l’accumulo energetico, mantenere elevato il prezzo della CO2 sul mercato ETS, riformare le regole dei servizi per il dispacciamento in modo da penalizzare l’utilizzo delle risorse fossili.
- Il documento di Sandbag (pdf in inglese)
Powered by WPeMatico