Gasdotto Tap, perché l’Italia ci ripensa (con il plauso di Trump)
Il gasdotto Tap servirà oppure no all’Italia?
La risposta della politica è passata dal sì (con il governo Renzi) al no (nella campagna elettorale del Movimento 5 Stelle), poi ancora al no (le prime reazioni del neoministro dell’Ambiente, Sergio Costa), adesso nuovamente al sì, stando alle recenti affermazioni del premier, Giuseppe Conte.
Al termine dell’incontro alla Casa Bianca con il presidente Usa, Donald Trump, Conte nel rispondere alla domanda di un giornalista italiano – Ilario Lombardo della Stampa, vedi qui il testo completo – sul destino del Tap, nella conferenza stampa congiunta con Trump, ha spiegato che (traduzione nostra dall’inglese con aggiunta di neretti) “il mio governo è pienamente consapevole che questa sia un’opera strategica per le forniture energetiche verso l’Italia, l’Europa meridionale e il Mediterraneo”.
“Siamo perfettamente consapevoli – ha proseguito il presidente del consiglio italiano – che potrà anche contribuire a rinnovare il sistema energetico ed eliminare il carbone, che è una parte del nostro programma”.
Poi Conte ha precisato che discuterà la questione con i ministri competenti e che incontrerà i sindaci e le comunità locali che si oppongono al progetto, per cercare una soluzione condivisa.
“Spero che riuscirete a costruire questo gasdotto competitivo”, ha infine rimarcato Trump, evidenziando tutto l’interesse americano per la nuova infrastruttura.
Il Tap (Trans Adriatic Pipeline), ricordiamo in breve, dovrebbe inaugurare il corridoio Sud del gas per l’Europa, trasportando 10 miliardi di metri cubi/anno di combustibile proveniente dai giacimenti azeri nel Mar Caspio. Si collegherà alla rete Tanap (Trans Anatolian Pipeline) sul confine tra Turchia e Grecia, poi correrà per circa 900 km fino alle coste italiane, per la precisione quelle pugliesi.
Sul fronte interno, le dichiarazioni di Conte cozzano contro quelle di alcuni suoi ministri, per quanto concerne il Tap: “Il presupposto è che vista la strategia energetica, visti i consumi di gas in calo, quell’opera oggi appare inutile” (Sergio Costa il 6 giugno 2018).
E poi: “Non è un genere d’investimento che serve né al Salento, né alla Puglia, né all’intera Italia. Si parla di questioni che stanno alla politica energetica, a quella ambientale e a quella economica. Su tutto ciò, il gasdotto non avrà significativi vantaggi per l’Italia” (Barbara Lezzi, ministro per il Sud, 30 luglio).
Stanno così emergendo le ambiguità dell’esecutivo Lega-M5S sul nodo del futuro gasdotto, anche perché il tema era escluso dal contratto di governo, sottoscritto dai due partiti dopo le elezioni.
Il punto tecnico-economico è il seguente: ha senso investire in un’opera che condizionerà il sistema energetico italiano per i prossimi 30-40 anni (tanto è la vita utile di un progetto di questo tipo)? L’Italia rischia di frenare la crescita delle fonti rinnovabili, rimanendo troppo ancorata al gas?
Per la Commissione Ue, e per l’ex ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda (vedremo cosa dirà il successore di Calenda, Luigi Di Maio, dopo le esternazioni di Conte) il Tap è di fondamentale importanza per incrementare la sicurezza delle forniture di gas all’Europa, tanto che l’omonimo consorzio, di cui fa parte anche l’italiana Snam, ha ricevuto un finanziamento di 1,5 miliardi di euro dalla Banca europea per gli investimenti, lo scorso febbraio (vedi QualEnergia.it).
Il Tap, infatti, rientra nella lista Ue di progetti d’interesse comune, che prevede diverse facilitazioni per snellire le autorizzazioni e ottenere i prestiti bancari.
Il gasdotto, torna a evidenziare a QualEnergia.it il professor Luigi De Paoli, docente di economia dell’energia all’Università Bocconi (vedi anche: Ma almeno ci serve il gasdotto Tap?) “può costituire un elemento di diversificazione delle risorse”, soprattutto considerando i problemi per l’Italia in questo campo, in particolare “la forte importazione di gas dalla Russia” e le incertezze che circondano gli altri paesi fornitori, ad esempio, si chiede De Paoli, siamo sicuri “che nel medio periodo l’Algeria rimarrà un forte esportatore di gas verso l’Italia?”.
Tuttavia, va anche detto, come sottolinea De Paoli, che “nessuno prevede aumenti stratosferici dei consumi di gas” e che “le infrastrutture di capacità ci sono”, ricordiamo ad esempio i terminali GNL esistenti (gas naturale liquefatto) che nel nostro paese sono ampiamente sottoutilizzati.
Più in generale, sul versante geopolitico, aggiunge il professore della Bocconi, Trump sostiene di essere favorevole alla costruzione di Tap “per limitare l’influenza russa sull’Europa”, anche per quanto riguarda la sicurezza degli approvvigionamenti energetici.
Quindi, nell’ambito di questa strategia, chiarisce De Paoli, “avere un gasdotto dal Caspio all’Europa, va bene per limitare l’esportazione di gas russo”, ma resta da capire se e quanto, effettivamente, la futura opera sarà libera dalle pesanti influenze di Mosca sull’area del Caucaso, oltre che dagli interessi economici dei giganti energetici russi (Gazprom e Lukoil).
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