Green New Deal – 2° atto: Bernie Sanders rilancia su clima, rinnovabili e lavoro
Il Green New Deal proposto dal senatore statunitense Bernie Sanders prevede investimenti di 16,3 trilioni di dollari (16.300 mld di $), la spesa maggiore che un candidato democratico alle presidenziali Usa abbia mai prefigurato.
Circa 1.500 mld sarebbero da dedicare direttamente alla generazione da fonti rinnovabili e 852 miliardi di $ alla costruzione di capacità di accumulo dell’energia elettrica verde. I soli investimenti in rinnovabili e accumulo di Sanders ammontano quindi a quasi 2.400 mld di dollari.
Ma per parlare del Green New Deal II bisogna accennare brevemente al Green New Deal I.
In principio, nel febbraio di quest’anno, il Green New Deal era quello della neo-rappresentante democratica alla Camera USA, Alexandria Ocasio-Cortez, e del senatore Ed Markey: una vasta e ambiziosa, seppur generica, proposta di riforma energetica e del lavoro per l’economia americana.
Scopo: scongiurare la crisi climatica e allo stesso tempo riequilibrare le ineguaglianze sociali ed economiche negli Usa, riconvertendo l’economia americana dai carburanti fossili alle energie rinnovabili. Strumento: un grande programma di spesa pubblica ispirato allo stimolo economico del New Deal che Franklin D. Roosevelt varò negli anni ’30 per affrontare la Grande Depressione.
Sei mesi fa venne ritenuto da molti, anche in casa democratica, una sorta di libro dei sogni per la vastità dei cambiamenti che prefigurava.
Ciò nonostante, il Green New Deal I ha avuto il grande merito di rimettere prepotentemente al centro del dibattito politico americano la questione delle energie rinnovabili e della crisi climatica. Entrambi i temi, infatti, dall’insediamento del Presidente Donald Trump a inizio 2017 all’insediamento del nuovo Congresso, dopo le elezioni di medio termine di fine 2018, erano stati rimossi dall’agenda politica di Washington, oltre che dagli indirizzi ufficiali dei vari dipartimenti di governo americani.
Nonostante lo scorso marzo in un Senato controllato dai Repubblicani si sia registrata la sconfitta della risoluzione contenente il Green New Deal, adesso, a soli cinque mesi di distanza, con i record di caldo registrati questa estate in Europa, l’Amazzonia che brucia e segnali preoccupanti di rallentamento dell’economia mondiale, la crisi climatica e i timori per la sostenibilità della crescita economica e delle borse sono sempre più al centro dell’attenzione.
È in questo contesto e nell’ambito delle primarie democratiche per la presidenza statunitense che entra in scena il senatore Bernie Sanders col suo Green New Deal II. La proposta di Sanders si differenzia da quella di Ocasio-Cortez e Markey per avere mire ancora più ambiziose, ma anche nel fornire più dettagli concreti.
Per arrivare alla cifra complessiva di 16,3 trilioni di dollari, oltre alla spesa di quasi 2,4 trilioni $ nelle rinnovabili, Sanders prevede molti altri investimenti nei settori del lavoro, trasporto, ricerca e sviluppo e in tutti i comparti interessati alla decarbonizzazione.
Per raggiungere l’obiettivo di 852 miliardi di investimenti per lo stoccaggio di elettricità entro il 2030, gli Stati Uniti dovrebbero aumentare l’attuale tasso di crescita annuale del settore accumulo dal 27 al 70%.
Si tratterebbe di uno sforzo imponente, ma non impossibile, paragonabile a quello fatto nel corso della Seconda Guerra Mondiale per far aumentare la produzione di aerei da guerra del 67%, ha dichiarato Dan Finn-Foley, responsabile ricerca sullo storage della società di consulenza WoodMac, a Greentech Media.
Con il suo Green New Deal, Sanders è diventato di fatto il candidato con le politiche verdi più ambiziose, seguito dalla senatrice Elizabeth Warren, con un programma rinnovabile da quasi 2 trilioni di dollari.
Il Green New Deal II promette di eliminare tutti i sussidi all’industria dei combustibili fossili e di sostenere l’energia pulita attraverso investimenti in eolico e solare, efficienza energetica e trasporto elettrificato.
A differenza del Green New Deal I, che prevedeva emissioni-zero nella generazione elettrica e un taglio “quanto maggiore possibile nei limiti delle tecnologie disponibili” entro i prossimi 10 anni, la proposta di Sanders prevede la completa eliminazione delle emissioni nei trasporti, sempre entro il 2030, e la completa decarbonizzazione, al più tardi, entro il 2050.
E mentre la risoluzione originale di febbraio non escludeva il ricorso all’energia nucleare o lo sviluppo di tecnologie come il sequestro della CO2, la proposta di Sanders respinge quelle che chiama “false soluzioni”, includendo fra queste appunto il nucleare, il sequestro del carbonio e la geo-ingegneria.
Da notare poi che le posizioni di Sanders differiscono da quelle del rapporto pubblicato lo scorso ottobre dal Gruppo Intergovernativo delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (IPCC), che ha incluso tali tecnologie in alcuni dei suoi scenari per mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5 °C.
Un’ipotetica amministrazione Sanders realizzerebbe una rete intelligente da 526 miliardi di dollari per la distribuzione dell’elettricità. La rete sarebbe di proprietà pubblica e gestita da cinque amministrazioni del mercato dell’energia.
Per pagare tutto, oltre all’eliminazione dei sussidi alle fossili, Sanders ha affermato che ridurrebbe la spesa militare globale per attività legate al petrolio e attingerebbe alle nuove entrate fiscali generate dai 20 milioni di posti di lavoro che secondo lui il suo Green New Deal creerà.
“Il cambiamento climatico sarà preso in considerazione praticamente in ogni area della politica”, si legge nel piano di Sanders. “Siamo certi che trasformeremo il nostro sistema energetico dai combustibili fossili al 100% di energie rinnovabili oggi e creeremo milioni di posti di lavoro nel farlo.”
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