Il Green Deal europeo? “Solo un grande esercizio di greenwashing”
Il Green Deal europeo non è altro che una colossale operazione di greenwashing: in altre parole, l’Europa afferma di voler fare una cosa (trasformare la sua economia, rendendola più “verde”), ma in realtà agisce nel modo opposto, continuando a perseguire lo stesso modello economico degli anni passati.
Questo, in sintesi, il giudizio espresso sul Guardian da Yanis Varoufakis e David Adler, rispettivamente co-fondatore e coordinatore del movimento politico paneuropeo DiEM25 (Democracy in Europe Movement 2025). Varoufakis, ricordiamo, è un economista ed è stato ministro delle Finanze in Grecia sotto il primo governo Tsipras.
Nell’articolo pubblicato online sul quotidiano inglese, Varoufakis e Adler attaccano diversi punti del Green Deal presentato dalla nuova Commissione Ue di Ursula von der Leyen.
La prima e più corposa critica riguarda l’entità dello sforzo economico, che secondo i due esponenti di DiEM25 è del tutto insufficiente a traghettare l’Europa verso un mix energetico con un impatto neutrale sull’ambiente; ricordiamo che Bruxelles punta a ridurre le emissioni almeno del 50% nel 2030 in confronto ai livelli del 1990.
Il Green Deal, si legge nell’articolo, mette sul piatto cento miliardi di euro l’anno, mille miliardi in totale in dieci anni, per combattere la crisi climatica; poco, se paragonato ai più di 4.000 miliardi di euro complessivamente destinati agli istituti di credito dai governi e dalla Banca centrale europea, per salvare il nostro continente dalla crisi finanziaria scoppiata nel 2009.
Tra l’altro, precisano Varoufakis e Adler, quei soldi che hanno salvato le banche erano tutti soldi freschi, mentre il budget previsto dal Green Deal è sostanzialmente un rimescolamento di carte, perché la maggior parte del denaro proverrà da fondi europei esistenti, con la promessa di smobilitare maggiori investimenti privati nel corso degli anni.
In pratica, i soldi freschi realmente “nuovi”, prosegue l’articolo sul Guardian, ammonteranno a pochi miliardi, circa 7,5 nella versione attuale del Green Deal, meno di quanto Bruxelles punta a investire in futuri progetti nel settore del gas (29 miliardi), progetti che un recente studio della società di consulenza indipendente Artelys ha bollato come inutili e troppo costosi.
In sostanza, gli autori del commento sul Guardian sostengono che il Green Deal è un piano per preservare l’economia esistente, non per trasformarla.
E lo stesso meccanismo della “giusta transizione”, si legge nell’articolo, che punta a sostenere gli investimenti per uscire dal carbone nei paesi più agganciati all’industria fossile, in realtà è un regalo ai governi di centrodestra di paesi come Ungheria e Polonia che altrimenti potrebbero affossare il Green Deal prima ancora che il piano possa essere attuato.
Ecco perché DiEM25 propone una strategia differente: il Blueprint for Europe’s Just Transition, un piano per investire il 5% del prodotto interno lordo europeo in una sorta di Green Deal più democratico, incentrato sulla diffusione e condivisione delle energie rinnovabili.
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