Il nucleare è un morto vivente
La crescente competitività delle energie rinnovabili, i problemi legati alla sicurezza e l’aumento dei costi per i nuovi impianti stanno spingendo l’energia nucleare sempre più ai margini del nuovo mix energetico globale – con la notevole eccezione di Russia e Cina, dove il settore continua a godere di un ampio sostegno statale. Lo ha indicato agli investitori l’agenzia di rating Standard & Poors in una nota, allegata in fondo all’articolo.
A differenza delle energie rinnovabili, sempre più in grado di reggersi da sole e correre con le proprie gambe, dopo molti decenni di sviluppo l’energia nucleare non riesce ancora a stare in piedi senza massicci sostegni statali.
Ci sono “poche ragioni economiche per avviare nuovi progetti nucleari negli Stati Uniti o in Europa occidentale, a causa delle enormi riduzioni dei costi e della competitività (…) delle energie rinnovabili, che dovrebbe portare a un sostanziale declino della generazione nucleare entro il 2040,” si legge nel rapporto di S&P.
“Cina e Russia, al contrario, continuano a costruire nuova capacità nucleare, sostenuta dalle politiche energetiche e da costi di costruzione significativamente minori.”
Secondo l’agenzia di rating, altre alla concorrenza delle energie rinnovabili e ai problemi relativi alla sicurezza delle centrali, l’industria nucleare è alle prese con l’inasprimento dei regolamenti attuato dopo il disastro di Fukushima, le politiche di eliminazione graduale della fonte atomica in diversi paesi, l’invecchiamento degli impianti e mercati energetici sempre più volatili.
Nonostante questi ostacoli, secondo S&P è troppo presto per annunciare la morte imminente del nucleare. Non solo in Cina e Russia, dove è ancora ben vivo e vegeto, ma anche in altre zone del mondo (qui l’evoluzione prevista del mix elettrico mondiale, dal rapporto).
Negli Stati Uniti, per esempio, il Segretario all’Energia Rick Perry sostiene la causa dei piccoli reattori modulari come chiave per il futuro del settore, affermando che tali sistemi potrebbero fornire elettricità in aree del globo attualmente “avvolte dall’oscurità”.
Inoltre, la crisi climatica sta calamitando l’attenzione sulle centrali nucleari esistenti come parte essenziale del mix energetico europeo a basse emissioni di carbonio. È il caso della Francia, che ha un parco di centrali nucleari già ampiamente ammortizzato.
Per S&P, ciò significa che il nucleare rimarrà rilevante fino al 2040 nell’ambito degli sforzi di decarbonizzazione di vari paesi.
“Riteniamo che la generazione senza carbonio permessa dalle risorse nucleari esistenti, unita alla costante crescita delle energie rinnovabili, risulterà importante nei prossimi decenni per raggiungere gli obiettivi climatici e sostenere forniture stabili di energia elettrica, data la natura intermittente delle energie rinnovabili”, ha scritto S&P, almeno finché i sistemi di accumulo elettro-chimico non diventeranno parte integrante della rete.
Ma oltre il 2040 – ha sottolineato infatti S&P – il futuro del nucleare sembra molto più incerto e ampiamente dipendente dal sostegno degli stati.
“Prevediamo che le traiettorie creditizie delle società nucleari di tutto il mondo differiranno a seconda delle politiche energetiche nazionali e del grado di sostegno statale al nucleare”, ha indicato l’agenzia di rating.
In Europa, è in corso sottotraccia una battaglia sull’opportunità o meno di includere l’energia nucleare nell’ambito dei prossimi parametri di classificazione della finanza sostenibile, volti a guidare gli investimenti privati verso l’economia verde.
Mentre la Francia appoggia l’inclusione del nucleare nei nuovi parametri di finanza verde al vaglio dell’Unione Europea, Germania e Austria ritengono che il nucleare non sia sostenibile e che non debba beneficiare di alcun tipo di sostegno da parte dell’UE. Una decisione finale sulla “tassonomia finanziaria sostenibile” dell’UE è prevista per dicembre.
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