La Commissione Ue deve rivedere la sua politica di investimenti sul gas
La partita europea del “si” oppure “no” ai futuri progetti nelle fonti fossili continua a giocarsi a colpi di risoluzioni.
E stavolta la commissione per l’industria, la ricerca e l’energia (ITRE) del Parlamento Ue ha approvato un testo che chiede a Bruxelles di rivedere, entro la fine del 2020, le linee guida del regolamento TEN-E (Trans-European Networks for Energy) attraverso cui selezionare i progetti prioritari in campo energetico (PCI: Projects of Common Interest).
Più in dettaglio, secondo la risoluzione, i nuovi criteri per scegliere i progetti dovranno essere allineati ai diversi obiettivi climatici stabiliti in sede Ue, tra cui l’obiettivo di raggiungere la neutralità climatica entro metà secolo con un azzeramento delle emissioni nette di CO2.
Inoltre, il testo sollecita la Commissione Ue a definire delle regole transitorie entro il 2020 per quanto riguarda i finanziamenti e la scelta dei progetti della quinta lista PCI, in modo che siano in linea con gli obiettivi sanciti nell’accordo di Parigi.
Ricordiamo che la stessa commissione ITRE aveva bocciato a gennaio una mozione presentata da 19 europarlamentari che puntava a respingere l’intero quarto pacchetto di progetti europei di interesse comune, sostenendo che quel pacchetto fosse incompatibile con l’obiettivo di ridurre le emissioni inquinanti e con la nuova strategia “verde” esposta nel Green Deal.
E nei giorni scorsi il Parlamento Ue in seduta plenaria ha confermato la linea politica della commissione ITRE, bocciando la risoluzione presentata da più di trenta esponenti verdi e della sinistra che chiedeva di evitare la costruzione di nuove infrastrutture alimentate da combustibili fossili.
Così gli eurodeputati hanno dato via libera alla quarta lista di progetti prioritari per l’energia.
Tra questi ultimi, ricordiamo in breve, figurano molti nuovi gasdotti, alcuni dei quali interessano anche l’Italia, come le varie tratte del corridoio Sud (ad esempio la linea TAP: Trans Adriatic Pipeline), il gasdotto Italia-Malta e quello Ungheria-Italia via Slovenia.
Il rischio, secondo gli eurodeputati che hanno contestato la quarta lista di PCI, è che si continuino a finanziare progetti incompatibili con il Green Deal europeo, volto a incrementare le energie rinnovabili e diminuire le emissioni di CO2 associate all’utilizzo di carburanti fossili.
Tra l’altro, una recente analisi svolta dalla società di consulenza indipendente Artelys sui 32 progetti per il gas inclusi nella lista Ue, ha concluso che le infrastrutture esistenti bastano a garantire la sicurezza delle forniture energetiche per l’Europa, alla luce degli obiettivi energia-clima al 2030 in cui si prevede una riduzione del 29% per la domanda complessiva di gas.
In altre parole, si legge in quel rapporto, la maggior parte dei nuovi progetti è inutile e rappresenta un potenziale sovra-investimento per decine di miliardi di euro supportati da fondi pubblici europei (sul tema vedi anche il recente commento sul Guardian di Yanis Varoufakis).
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