Le rinnovabili negli scenari di decarbonizzazione dopo Parigi
È stato presentato ieri, 30 ottobre, GreenItaly 2018 (pdf), il nono rapporto di Fondazione Symbola e Unioncamere, promosso in collaborazione con il Conai e Novamont, con il patrocinio del Ministero dell’ambiente
che misura e pesa la forza della green economy nazionale (oltre 200 best practice raccontate, grazie anche alla collaborazione di circa trenta esperti). Il comunicato di presentazione del documento.
All’interno del report un capitolo sulle tecnologie rinnovabili (pag. 36) è stato curato da Gianni Silvestrini, che qui riportiamo.
Dopo l’Accordo sul Clima del 2015 si sono moltiplicate le analisi per capire come è possibile evitare di superare di 2 °C, e possibilmente di 1,5 °C, il livello delle temperature registrate nel periodo preindustriale.
Tutti i paesi stanno facendo le proprie elaborazioni, un esercizio che alla fine del 2019 consentirà di avere un quadro complessivo dei percorsi ipotizzati dalle varie nazioni del pianeta.
Nel frattempo diversi attori hanno effettuato proprie valutazioni sui possibili percorsi di decarbonizzazione. Riportiamo i risultati di tre studi pubblicati nei mesi scorsi da parte di realtà molto diverse tra loro, come l’International Renewable Energy Agency, (Irena), l’agenzia cui fanno riferimento molto governi sul fronte delle rinnovabili, Ecofys, società di consulenza di punta sulle tematiche ambientali e la Shell.
Il rapporto di Irena, “Una trasformazione energetica globale: Roadmap al 2050”, analizza i percorsi che consentirebbero di ridurre del 90% le emissioni a metà secolo ipotizzando un taglio del 40% dei consumi con politiche di efficienza e la copertura della quota restante con le fonti rinnovabili. In pratica il taglio annuo dell’intensità energetica dovrebbe passare dall’1,6% registrato nel periodo 2010-15 al 2,8% nei prossimi decenni.
Si prevede inoltre una elettrificazione moderatamente spinta con una quota elettrica che dall’attuale 21% passerebbe al 40% a metà secolo. Dalle rinnovabili si prevede un deciso contributo con il passaggio dall’attuale quota del 19% dei consumi finali a due terzi a metà secolo. La generazione di elettricità verde, in particolare, dovrebbe crescere sei volte più in fretta rispetto agli attuali livelli arrivando a coprire l’85% della produzione totale al 2050, mentre le biomasse potrebbero dare un contributo rilevante nel settore civile e in quello dei trasporti.
L’attenzione di questo studio è comunque soprattutto volta a quantificare i vantaggi economici, sociali e occupazionali di una simile svolta rispetto ad uno scenario tendenziale.
Il secondo rapporto, redatto da Ecofys, traccia invece uno scenario decisamente più radicale in grado di limitare l’aumento della temperatura a 1,5 °C. Le rinnovabili sarebbero in grado di soddisfare tutta la domanda elettrica entro il 2040, malgrado una triplicazione dei kWh. In questo caso si ipotizza una elettrificazione spinta che arrivi a coprire il 70% dei consumi. Il contributo maggiore verrebbe dal fotovoltaico, seguito dall’eolico.
Malgrado le politiche particolarmente spinte sul versante dell’efficienza e delle rinnovabili, lo studio di Ecofys ipotizza un pur limitato sequestro della CO2 in parte con soluzioni di CCS per le industrie e per il resto con politiche di forestazione e accumulo di carbonio nei suoli.
E veniamo allo “Sky Scenario” elaborato dalla Shell, uno studio nel quale si ipotizza di raggiungere una neutralità dei flussi di carbonio entro il 2070 in modo da non superare l’incremento di 2 °C.
Anche in questo caso si ipotizza un’accelerazione del processo di elettrificazione che arriverebbe a coprire il 60% dei consumi globali. La tecnologia chiave per lo scenario Shell è ancora una volta il solare che sarebbe in grado di soddisfare un terzo di tutta la domanda di energia (non solo di quella elettrica).
La caratteristica di questa elaborazione riguarda la notevole importanza che viene data al sequestro della CO2, con ben 10.000 impianti che entrerebbero in funzione prevalentemente nella seconda parte del secolo, una scelta che consentirebbe di continuare ad utilizzare combustibili fossili, anche se il consumo di petrolio inizierebbe a calare dal 2020 e quello del metano a partire dal 2040.
In sostanza, gli studi riportati considerano fattibile la decarbonizzazione del sistema energetico globale con una attenzione più o meno spinta su efficienza, rinnovabili, livello di elettrificazione e sequestro del carbonio.
Tutti, ovviamente, prevedono una forte accelerazione della diffusione delle rinnovabili, ma la multinazionale Oil&Gas tende a difendere il ruolo dei fossili anche in uno scenario di decarbonizzazione.
L’evoluzione globale delle rinnovabili
Gli investimenti sulle rinnovabili continuano a mantenersi elevati, con 138,2 miliardi nel primo semestre 2018, sugli stessi livelli dello stesso periodo dell’anno precedente, secondo le analisi di Bloomberg New Energy Finance.
L’elettricità fotovoltaica è cresciuta di oltre un terzo nel 2017 raggiungendo 416 TWh, arrivando a coprire quasi il 2% della generazione elettrica mondiale. E la produzione solare dovrebbe, secondo le caute previsioni della Iea, raddoppiare entro il 2020.
L’eolico d’altra parte, nel 2017 ha installato 53 GW portando il totale a 539 GW, in grado di generare il 5% della domanda elettrica globale.
E siamo solo all’inizio di una formidabile rivoluzione che nel corso del secolo dovrebbe consentire alle energie pulite di soddisfare tutta, o quasi tutta, la domanda del pianeta.
Questa impresa a molti sembra impossibile, considerato che il contributo delle fonti rinnovabili tra il 2004 e il 2017 è cresciuto percentualmente molto poco, passando dal 17% al 19% dei consumi mondiali. La spiegazione di questo andamento è in realtà semplice. Bisogna considerare infatti che, malgrado la corsa del solare e dell’eolico, circa la metà della produzione verde viene dalle biomasse tradizionali utilizzata nei paesi in via di sviluppo (legna, carbonella, letame) e questa componente è cresciuta molto meno dei consumi totali di energia.
Questi dati riguardano il recente passato. Ma la vera domanda è: le rinnovabili, che oggi soddisfano meno di un quinto della domanda energetica mondiale, riusciranno a spiazzare in pochi decenni i combustibili fossili?
Ci sono diversi elementi che fanno ritenere possibile questa transizione, ad iniziare dalla crescita della elettrificazione dei sistemi energetici che procede ad una velocità doppia rispetto all’aumento dei consumi energetici globali.
In Europa la quota dei consumi elettrici tra il 1990 e il 2016 è passata dal 17% al 22% dei consumi globali di energia. Secondo Eurelectric potrebbe raggiungere il 31% nel 2030 e nei decenni successivi la percentuale aumenterà ulteriormente grazie, in particolare, all’affermarsi della mobilità elettrica.
Inoltre, la frazione di elettricità verde è superiore rispetto alla percentuale delle rinnovabili sui consumi complessivi, 26,5% rispetto al 19%, e soprattutto è in forte crescita: nel corso degli ultimi dieci anni la potenza rinnovabile, idro incluso, è infatti più che raddoppiata.
Dunque la rapida evoluzione della “green electricity”, abbinata alla elettrificazione delle economie, fa ritenere che le rinnovabili riusciranno ad sostituire nel medio e lungo periodo quote consistenti dei consumi fossili.
C’è poi un altro elemento favorevole che riguarda le dinamiche future dei consumi di energia. Per imporsi i combustibili fossili hanno dovuto infatti farsi strada in un percorso in salita con una domanda di energia in forte crescita, mentre le rinnovabili aumenteranno il loro ruolo più facilmente grazie alle politiche di efficienza. La produzione di petrolio per passare dall’1% nel 1900 al 40% raggiunto nel 1970 è dovuta crescere di ben 26 volte. Nei prossimi decenni le rinnovabili si troveranno invece in un contesto completamente diverso, almeno nei paesi industrializzati. La Francia e la Germania, ad esempio, prevedono di dimezzare i consumi energetici entro il 2050. E’ evidente che questa riduzione agevolerà l’innalzamento della quota verde.
Ma se nella generazione elettrica lo spodestamento sarà relativamente facile, non bisogna dimenticare che la quota maggiore dei consumi è legata al trasporto e agli usi termici, settori nei quali la diffusione delle rinnovabili sarà più complessa.
L’energia per il riscaldamento e il condizionamento rappresenta la metà dei consumi finali del pianeta ed è utilizzata in parti uguali tra il calore di processo nelle industrie e la domanda nel settore dell’edilizia.
Considerando le applicazioni “moderne” delle rinnovabili (caldaie a biomasse, geotermia, solare termico…), queste soddisfano solo il 10% della domanda termica globale. E’ in questo campo che occorrerà concentrare gli sforzi, affiancando l’elettrificazione.
Un ruolo importante potrà venire dal gas “rinnovabile” il cui potenziale in Europa al 2050, secondo uno studio di Ecofys, è di 122 miliardi di metri cubi, pari al 25% del consumi di metano del continente.
Una particolare attenzione dovrà essere posta alla climatizzazione. Per capire l’importanza di questo settore, si consideri che oggi un quinto dei consumi elettrici degli edifici e il 10% dei consumi elettrici totali è legato al funzionamento di condizionatori e ventilatori.
Secondo gli scenari della Iea, i consumi per i condizionatori triplicheranno al 2050 richiedendo una nuova potenza elettrica equivalente a quella attuale di Usa, Ue e Giappone. In pratica si dovrebbe passare dagli attuali 1,6 miliardi di impianti a 5,6 miliardi, con un incremento di 10 condizionatori al secondo per i prossimi trent’anni. Una tendenza che sarà accentuata dal riscaldamento in atto del pianeta, ma che potrà essere contrastata con tecniche costruttive energeticamente consapevoli e con impianti sempre più efficienti.
L’Europa delle rinnovabili accelera
L’accordo sul Clima di Parigi, la continua riduzione dei prezzi solari ed eolici e l’obbiettivo europeo del 32% di rinnovabili al 2030, ottenuto anche grazie alle nuove posizioni assunte nelle trattative da paesi come Spagna ed Italia, stanno cambiando il nostro panorama energetico.
Dopo molti anni di freno a mano tirato in diversi paesi, si intravvede infatti la possibilità di un forte rilancio dell’energia verde nel Continente.
Pensiamo alla Spagna, che aveva subìto l’introduzione di pesanti misure retroattive sulle rinnovabili. La nuova ministra per l’energia e l’ambiente, Teresa Ribera, è stata chiara: con investimenti di 100 miliardi sarà possibile non solo raggiungere il target 2030, ma si garantirà un risparmio di 400 miliardi nelle bollette. Un risultato ottenibile secondo la ministra riformando i meccanismi del mercato elettrico, oltre che favorendo PPA e autoconsumo con interventi regolatori e di semplificazione amministrativa. In effetti, il mercato iberico si sta già muovendo, con 24 GW in attesa di autorizzazione. I primi impianti, alcuni senza incentivi, sono già stati connessi e altri verranno realizzati nel 2019.
Un altro paese che si era bloccato, la Grecia, sta ripartendo con la decisione di lanciare una serie di aste che dovrebbero assegnare entro il 2020 la realizzazione di 2,6 GW solari ed eolici, con la prima gara per 277 MW avviata nel luglio 2018.
Anche in Francia le rinnovabili sembrano affrancarsi dall’abbraccio nucleare. All’ultima asta di agosto è stato dato il via libera a 720 MW fotovoltaici, con un prezzo medio di 58,2 €/MWh. È stato inoltre appena inaugurato un impianto eolico dimostrativo flottante off-shore che potrebbe anticipare l’inserimento francese nella fiorente crescita di parchi eolici nel Mare del Nord, visto che 3 GW sono pronti a partire. E che l’aria sia cambiata lo si deduce anche dalla decisione di EDF di volere realizzare 30 GW rinnovabili entro il 2030.
Se la Spagna riprende il cammino abbandonato e la Francia inizia con grande ritardo il percorso delle rinnovabili, la Germania, che ha meno sofferto negli anni scorsi, si conferma leader della produzione assoluta di elettricità verde. Nel primo semestre del 2018 le rinnovabili hanno garantito il 41,5% dei kWh generati nel paese, con un ruolo centrale dell’eolico, una tecnologia che da un lato si espanderà nei progetti in mare e dall’altro dovrà confrontarsi con il revamping di una parte delle 28.000 turbine che non potranno più utilizzare gli incentivi progressivamente a partire dal 2020.
Anche nel solare ci si aspetta un forte balzo. Basti pensare che per raggiungere il target tedesco al 2030, 65% di elettricità rinnovabile, le installazioni dovranno passare dagli 1,75 GW dello scorso anno a una media di 5 GW/a. Un cambio di passo che è incoraggiato dai risultati delle aste. Il prezzo più basso dei 28 progetti solari per 183 MW presentati all’ultima gara è stato infatti di soli 49 €/MWh. Va poi sottolineato l’impegno tedesco sul fronte dell’accumulo, con più di 100.000 batterie collegate ad impianti fotovoltaici.
Per finire la panoramica europea degli esempi positivi, citiamo la Danimarca che ha appena approvato con il consenso di tutte le forze politiche un piano che dovrebbe consentire al paese di soddisfare con le rinnovabili entro il 2030 il 100% della propria domanda elettrica e il 55% dei consumi energetici. L’impegno del governo danese è quello di ridurre le elevate bollette elettriche, anche grazie al fatto che i nuovi grandi parchi eolici offshore saranno economicamente competitivi.
Politiche virtuose si segnalano anche a livello urbano e cresce il numero delle città che si danno l’obbiettivo “100% rinnovabile”. A volte, come già succede negli Usa, esse suppliscono a politiche governative incoerenti. È il caso di Londra dove, vista la riduzione dell’impegno dell’esecutivo britannico, il sindaco di Londra Sadiq Khan ha lanciato “Solar Together”, un’iniziativa basata sulla diffusione di gruppi di acquisto con sconti fino al 25%, che punta ad installare 1.000 MW fotovoltaici nella capitale entro il 2030.
Alla luce delle tendenze in atto e dei target di lungo periodo, quale sarà l’evoluzione delle diverse tecnologie in Europa? Attualmente il contributo dell’eolico è più che doppio rispetto al fotovoltaico e questo ruolo di punta dovrebbe rafforzarsi.
Secondo la Iea, ad esempio, nel 2040 l’energia del vento potrebbe arrivare a fornire quasi un terzo della domanda elettrica del Continente, mentre il contributo del fotovoltaico si limiterebbe all’8% (vedi grafico).
Mentre la valutazione sul vento è realistica, ci sembrano francamente sottostimate, ancora una volta, le previsioni della Iea sul solare. Ricordiamo che l’ultima “Roadmap solare” della stessa agenzia indicava la possibilità per il solare fotovoltaico di fornire a metà secolo il 16% della domanda elettrica mondiale, mentre sei anni prima valutava una copertura dell’11%.
La new entry India rincorre la Cina
Gli oltre 52 GW solari installati in Cina nel solo 2017, hanno rappresentato oltre la metà della nuova potenza solare mondiale.
In effetti, è partita una vera e propria corsa al rialzo per la Cina, che ha raggiunto 130 GW sorpassando con largo anticipo l’obbiettivo di 105 GW che si era data per il 2020. La nuova stima dei più attenti osservatori indica in 220 GW la potenza alla fine di questo decennio, cioè il doppio del target iniziale del governo. In realtà, nel 2018 è previsto un rallentamento a causa di una riduzione degli incentivi a metà anno, anche se nel primo semestre sono stati installati ben 24,3 GW.
Vista l’ambizione sul fronte dell’elettricità verde e la forte differenza tra i luoghi di produzione e le aree di maggior consumo, dal 2019 verranno introdotte della quote di rinnovabili che le varie provincie del paese asiatico dovranno garantire. Le amministrazioni inadempienti saranno penalizzate, fino ad arrivare al blocco della costruzione di nuove centrali a carbone. L’idea è che, vista la riduzione dei prezzi, le rinnovabili potranno rapidamente camminare con le proprie gambe, aiutate dagli obbiettivi assegnate alle provincie.
Citiamo, per il significato simbolico, la realizzazione di centrali solari flottanti su bacini di acqua localizzati nelle ex miniere di carbone. Nel 2017 è stato installato in impianto da 40 MW e l’anno successivo nella provincia di Anhui è stato inaugurato il più grande impianto fotovoltaico flottante al mondo, sempre sopra una ex miniera di carbone, da 150 MW. Nei paesi dove la disponibilità di spazi scarseggia, questa opzione sta diventando popolare, tanto che nel 2019 si stima che verranno installati nel mondo 1,5 GW solari galleggianti.
Sempre sul carbone, combustibile di cui la Cina è di gran lunga il principale consumatore al mondo, con una domanda quattro volte superiore al paese secondo in classifica, l’India, i segnali sono contrastanti.
La chiusura delle centrali più inquinanti ha contribuito a migliorare la qualità dell’aria nelle grandi città, con una riduzione degli inquinanti del 32% negli ultimi quattro anni.
D’altra parte i dati relativi al 2017 e al primo semestre 2018 sembrano raffreddare gli entusiasmi derivanti da un calo dei consumi di carbone che si era registrata dopo il 2013.
Anche analizzando le emissioni di CO2 si riscontra un’inversione di tendenza, con un aumento del 2% nel 2017 e del 4% nel primo semestre 2018. Le spiegazioni sono molte, dal rilancio dell’economia voluta dal governo per contrastare i dazi introdotti da Trump ad una riduzione della produzione idroelettrica.
Se la Cina negli anni scorsi aveva stupito per il forte rallentamento degli investimenti sul carbone e la corsa per le rinnovabili, l’India sembra seguire la stessa strada.
Nel 2014 aveva deciso di raggiungere 175 GW rinnovabili nel 2022, e molti dubitavano sulla possibilità di raggiungere un risultato così ambizioso. In realtà, la corsa è partita, tanto che nel giugno 2018 il target è stato alzato a 225 GW.
Una decisione che ancora una volta è stata accolta con scetticismo, considerato che al momento la potenza installata ha di poco oltrepassato i 70 GW. Ma la crescita delle rinnovabili indiana non segue un percorso lineare ed è possibile che l’India stupisca ancora. Secondo il governo, i 175 GW inizialmente previsti saranno raggiunti con due anni di anticipo, grazie alla installazione di una cinquantina di GW all’anno.
Una delle ragioni dello straordinario successo indiano è legato al calo dei prezzi del solare nelle aste, tanto che si è calcolato che l’elettricità proveniente da due terzi delle centrali a carbone risulta più cara rispetto a quella generata dai nuovi parchi solari.
Insomma, il pendolo delle rinnovabili sta decisamente orientandosi verso l’Asia alimentando una forte crescita delle installazioni che favorisce la continua riduzione dei prezzi.
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