L’Europa tiene ancora un piede nella scarpa nucleare
Il ruolo del nucleare nel mix energetico “pulito” continua a dividere le istituzioni europee.
Le tensioni tra Europarlamento e Consiglio dell’Ue per quanto riguarda il destino dell’atomo sono riemerse in queste settimane, quando i ministri dell’energia degli Stati membri si sono riuniti per approvare una posizione comune sul nuovo sistema – proposto dalla Commissione Ue – con cui classificare gli investimenti in base alla loro sostenibilità ambientale.
La futura tassonomia (taxonomy) servirà a capire se un investimento è realmente “verde” oppure se rientra nel campo del greenwashing, cioè del millantare come “sostenibile” un prodotto/servizio finanziario che invece non rispetta determinati standard ambientali.
Il punto è che l’Europarlamento, lo scorso marzo, si era detto favorevole a introdurre il più velocemente possibile questa classificazione, escludendo il nucleare dal novero dei progetti ecosostenibili.
Al contrario, evidenzia l’agenzia EurActiv, il Consiglio dell’Ue non solo ha concordato di posticipare al 2021-2022 la piena adozione del nuovo schema, ma ha pure deciso di mantenere il nucleare tra le tecnologie definibili a basso impatto ambientale.
Solo Germania, Austria e Lussemburgo hanno chiesto esplicitamente di depennare l’atomo dalla tassonomia.
Più in generale, spiega una nota del Consiglio dell’Ue (traduzione nostra dall’inglese), sono stati definiti sei obiettivi ambientali:
- Mitigazione dei cambiamenti climatici;
- Adattamento ai cambiamenti climatici;
- Utilizzo sostenibile e tutela dell’acqua e delle risorse marine;
- Transizione verso l’economia circolare, inclusa la prevenzione dei rifiuti e il loro riciclo;
- Prevenzione e controllo dell’inquinamento;
- Protezione e ripristino della biodiversità e degli ecosistemi.
E per qualificarsi come ecosostenibili, le attività economiche dovranno soddisfare alcuni criteri, tra cui contribuire significativamente ad almeno uno dei sei obiettivi generali e non danneggiare in modo rilevante nessuno di quegli obiettivi. Inoltre, ogni attività economica dovrà essere conforme a certi parametri tecnici di screening (sarà la Commissione Ue a doverli stabilire, con il supporto della Piattaforma sulla finanza sostenibile).
Mentre l’Europa prende tempo, i progetti in corso in Gran Bretagna, Francia e Finlandia per costruire nuovi reattori EPR – parliamo di Hinkley Point C, Flamanville e Olkiluoto: vedi qui – sono tutti in forte ritardo, ampiamente fuori budget e bersagliati da problemi tecnici di vario tipo.
A conferma che il nuovo nucleare è un investimento sempre più rischioso.
Tra l’altro, un recente studio del consulente indipendente Mycle Schneider, The World Nuclear Industry Status Report 2019 le cui conclusioni sono analoghe a quelle di Mark Z. Jacobson – fautore di un sistema elettrico al 100% di rinnovabili: vedi qui la nostra intervista – evidenzia che l’atomo è incapace di contribuire a una rapida de-carbonizzazione del mix energetico.
I motivi?
Tempi troppo lunghi per realizzare gli impianti e costi esagerati nel paragone con le altre opzioni, tra cui soprattutto i parchi eolici e solari.
Anche Jacobson di recente ha dedicato un’ampia critica all’utilizzo del nucleare, affermando che investire nell’atomo è anacronistico per diverse ragioni: non solo i calendari lunghissimi di costruzione e i costi molto più elevati in confronto alle rinnovabili, ma anche i problemi di sicurezza/smaltimento delle scorie.
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