Negli Usa prende piede l’idea di un Green New Deal
Non si può dire che manchi il coraggio agli oppositori di Donald Trump.
Grazie alla parte più “battagliera” del Partito Democratico, negli Stati Uniti sta tornando alla ribalta l’idea di un super-piano per mobilitare l’intera economia americana verso un futuro incentrato sulle tecnologie pulite, sulla giustizia sociale, su nuove opportunità di lavoro, su un benessere procurato dagli investimenti nelle fonti rinnovabili.
Un programma con una portata paragonabile a quella che ebbe il New Deal, lanciato da Franklin D. Roosevelt negli anni ’30 per risollevare gli Stati Uniti dalla grande depressione economica.
Tanta ambizione è riassunta nella risoluzione per un Green New Deal appena presentata al Senato e al Congresso Usa, i cui principali promotori sono il senatore democratico per lo Stato del Massachusetts, Ed Markey, e la socialista Alexandria Ocasio-Cortez (alleghiamo in fondo all’articolo il documento che si trova sul sito web del senatore Markey).
Quest’ultima, lo scorso novembre, nelle elezioni Usa di midterm, a 29 anni è diventata la donna più giovane eletta al Congresso nella storia americana, sostituendo così il veterano Joe Crowley per il quattordicesimo distretto dello Stato di New York.
Tra i punti forti del programma di Ocasio-Cortez c’è sempre stata la “mobilitazione contro il cambiamento climatico”.
Difatti, la risoluzione prende le mosse dall’ultimo rapporto dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change, l’organismo delle Nazioni Unite che studia il surriscaldamento globale), soprattutto dalla costatazione che occorre abbattere velocemente le emissioni inquinanti, se si vuole contenere l’aumento delle temperature medie terrestri a +1,5-2 gradi entro la fine del secolo.
La risoluzione vuole impegnare il governo federale a raggiungere una serie di obiettivi con un programma decennale, in grado di portare gli Stati Uniti ad azzerare le emissioni nette di gas-serra, creare milioni di nuovi posti di lavoro, sviluppare nuove industrie e infrastrutture “sostenibili” dal punto di vista ambientale.
Il documento è molto attento anche ai concetti di equità e tutela delle fasce più deboli della popolazione: gli immigrati, le comunità rurali, i lavoratori a basso reddito, gli anziani, gli indigeni e così via.
Tra le misure proposte, in particolare, c’è l’obiettivo del 100% di energia pulita (vedi qui l’impegno preso dalla California con la legge SB-100).
Si parla poi di realizzare reti elettriche “intelligenti” e distribuite, riqualificare gli edifici secondo i criteri di efficienza energetica, eliminare le emissioni inquinanti dai vari settori industriali, dalle attività agricole e dai trasporti “per quanto sia tecnologicamente fattibile”, proteggere/rigenerare gli ecosistemi in modo da rimuovere CO2 dall’atmosfera con soluzioni naturali.
Questo piano ha un futuro?
Difficile formulare ipotesi in questo momento. Il Green New Deal si scontra con l’attuale strategia repubblicana pro energie fossili; inoltre, molti punti della risoluzione sono vaghi, appena accennati, o si limitano a elencare propositi che rimangono sul terreno dell’idealismo politico, piuttosto che tradursi in misure realmente realizzabili.
E ci sono dei “vuoti”, ad esempio la risoluzione non menziona espressamente la necessità di abbandonare del tutto i combustibili fossili, né spiega in dettaglio come si potrebbe costruire un sistema economico-industriale a zero emissioni. Ma almeno è un punto di partenza, una voce fuori del coro di Trump.
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