Niente eolico offshore in Sicilia. L’Italia resta aggrappata al progetto di Taranto

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Niente eolico offshore in Sicilia. L’Italia resta aggrappata al progetto di Taranto

30 Agosto 2019 Articoli autorizzazioni eolico offshore italia impatti ambientali impatto visivo mediterraneo nuovi impianti procedimenti autorizzativi Regione Sicilia Taranto 0

Quanto è difficile realizzare un parco eolico offshore in Italia: il progetto di un impianto da 136 MW nel Golfo di Gela in Sicilia è stato definitivamente bocciato dal Consiglio di giustizia amministrativa, l’organo che nella Regione svolge le funzioni proprie del Consiglio di Stato.

Con una sentenza pubblicata il 26 agosto (allegata in basso), i giudici amministrativi hanno confermato l’orientamento del Tar siciliano che nel 2017 aveva annullato l’autorizzazione per costruire la centrale marina proposta da Mediterranean Wind Offshore (MWO), che avrebbe voluto installare 38 pale eoliche da 3,6 MW al largo delle coste antistanti il comune di Butera.

La vicenda giudiziaria è molto complessa: tutto è partito nel 2008 con la richiesta di autorizzazione unica presentata dalla Mediterranean Wind Offshore al ministero dei Trasporti e con la richiesta presentata al ministero dell’Ambiente di pronunciarsi sulla compatibilità ambientale del progetto.

E ci sono voluti quasi dodici anni per arrivare ai titoli di coda dell’iniziativa.

Il Consiglio di giustizia amministrativa ha bocciato il ricorso della società contro la precedente sentenza, ricordando che il Tar (neretti nostri) “ha affermato che il procedimento che ha condotto al rilascio dell’autorizzazione unica per l’impianto off-shore in discussione era comunque viziato da violazione di legge, eccesso di potere per contraddittorietà, difetto di motivazione e difetto di istruttoria”.

In un lungo e articolato incastro di pareri positivi/negativi dei ministeri coinvolti, delle amministrazioni locali e con l’intervento di diversi comuni e associazioni ambientaliste e culturali, la battaglia legale ha riguardato in particolare la presenza di vincoli archeologici e ambientali nelle zone interessate dal futuro parco eolico offshore.

In questi anni si è discusso, ad esempio, di reperti sottomarini della seconda guerra mondiale, flussi migratori degli uccelli acquatici del Nord Africa, impatti su alcuni ecosistemi protetti, presenza delle pale di fronte al castello di Falconara con conseguente “disturbo” arrecato alle attività turistiche dell’area.

Intanto sta procedendo, dopo un’attesa decennale giocata nei tribunali e nei procedimenti amministrativi, il progetto Beleolico per installare un impianto da 30 MW nel porto di Taranto: il primo parco offshore d’Italia e del Mediterraneo dovrebbe entrare in esercizio nel 2020.

Ma si dovrà fare molto di più se si vorrà rispettare l’indicazione del Piano nazionale energia-clima (PNIEC), che prevede 900 MW di eolico in mare nel 2030 per il nostro paese.

Vedremo se Giuseppe Conte, dopo aver ricevuto l’incarico dal presidente Mattarella, riuscirà a formare un governo PD-M5S con al centro quell’attenzione ai temi ambientali evocata nel suo discorso al Quirinale, anche se per il momento resta molta incertezza sui punti concreti in campo energetico di un eventuale “Green New Deal” italiano.

Ricordiamo che l’eolico offshore nelle acque mediterranee è particolarmente difficile da realizzare, a causa soprattutto dell’altezza dei fondali, ma di certo non giovano le lungaggini burocratiche e le “battaglie” per ottenere tutte le autorizzazioni necessarie.

Battaglie spesso innescate dalle critiche sull’impatto visivo delle pale e sugli effetti negativi dal punto di vista turistico, ambientale o economico, come ha dimostrato il caso siciliano.

Mentre gli ultimi dati del Global Wind Energy Council vedono la possibilità di arrivare a 220 GW di potenza eolica offshore installata nel mondo nel 2030, con un ruolo trainante di paesi europei come Gran Bretagna, Francia e Germania (vedi qui).

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