Petrolio, perché domanda e prezzi continuano a salire
Come evolverà il mercato petrolifero globale?
Incertezza e vulnerabilità erano le parole più utilizzate dalla IEA (International Energy Agency) nell’Oil Market Report uscito a luglio, quando l’agenzia rimarcava diversi punti critici sul lato dell’offerta in tutto il mondo (vedi QualEnergia.it).
Ritroviamo molte incognite anche nel rapporto pubblicato dalla IEA nei giorni scorsi.
Difatti, spiega a QualEnergia.it Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, la domanda globale di petrolio “è molto vicina a una soglia psicologica enorme, quella dei 100 milioni di barili giornalieri”, mentre la capacità produttiva di riserva non utilizzata (spare capacity) è già scesa “intorno al 2% della domanda complessiva”.
E potrebbe scendere ancora, osserva la IEA nel suo ultimo documento (per ora è disponibile online solo una sintesi dei nuovi dati: vedi qui), accompagnata da un aumento dei prezzi che potrebbe avere conseguenze negative su diversi settori dell’economia mondiale, in primo luogo sui trasporti aerei e stradali.
Tanto che, secondo la IEA, “expensive energy is back”, l’energia sta tornando a essere sempre più cara.
Così, evidenzia l’agenzia, mentre il mercato viaggia verso la storica quota di cento milioni di barili consumati ogni giorno – vedi il grafico sotto – le quotazioni del greggio stanno aumentando, con punte superiori a 80 dollari al barile. La salita proseguirà e fino a che livelli? Supererà i 100 dollari al barile?
Torniamo quindi alle valutazioni del professor Ugo Bardi, esperto di analisi sul picco dei combustibili fossili, che a maggio spiegava perché non dobbiamo aspettarci di tornare ai tempi del petrolio economico.
In sintesi, l’instabilità del mercato è data soprattutto dal progressivo esaurimento delle risorse con bassi costi di estrazione. Il petrolio contenuto nei giacimenti non convenzionali americani (shale oil, il petrolio da scisto), ad esempio, diventa conveniente solo se i prezzi salgono, come in questa fase.
Altrimenti le compagnie non riescono a ottenere adeguati profitti con il fracking, la tecnica impiegata per frammentare le rocce scistose ricavandone il greggio (vedi anche QualEnergia.it).
Un altro elemento da considerare, afferma poi Tabarelli, è che manca un po’ di capacità produttiva per avere un maggiore equilibrio tra domanda e offerta, anche perché “le compagnie petrolifere negli ultimi anni hanno investito poco in nuove estrazioni”.
Molto dipenderà, precisa l’analista di Nomisma Energia, dalle dinamiche geopolitiche: i timori di un collasso delle forniture in Libia e Venezuela, le decisioni che prenderà l’Arabia Saudita (continuerà ad aumentare le sue esportazioni?), il ruolo futuro degli Stati Uniti (lo shale oil farà un nuovo “botto” di produzione?).
Infine c’è la transizione energetica verso le fonti rinnovabili, con alcune grandi società del settore oil and gas che stanno incrementando gli investimenti in tecnologie più pulite.
Prezzi sempre più elevati dei carburanti fossili potrebbero aiutare la mobilità elettrica, favorendo le vendite di veicoli a zero emissioni, anche se, con ogni probabilità, dovremo attendere ancora qualche anno prima di assistere a un vero e proprio mercato “di massa” delle auto alimentate dalle batterie (vedi anche QualEnergia.it).
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