Picco della domanda: investire in “storage+rinnovabili” è sempre più conveniente
Il costo di un sistema solare con batteria è crollato nel 2018 e la discesa sembra inarrestabile.
In alcuni aree del Sudovest degli Stati Uniti diverse aste che prevedevano solare+storage sono scese sotto i 30 $/MWh.
Sistemi di stoccaggio elettrochimico isolati con 20 MWh di capacità e 4 ore di accumulo sono calati di prezzo del 40% rispetto al 2017, per arrivare intorno ai 350-360 $ per kWh, con una tendenza in riduzione visti i crescenti volumi in gioco. BNEF prevede così una riduzione ulteriore del 52% entro il 2030.
Altri recenti valutazioni di BNEF spiegano come parchi eolici e solari accoppiati alle batterie inizino a essere già molto competitivi, anche senza incentivi, rispetto alle energie fossili, ma lo saranno in modo definitivo dal 2025-2026.
Interessante anche uno studio del NREL dello scorso anno sulle concrete potenzialità e fattibilità di questi sistemi di accumulo in California e la loro sinergia con la crescita del fotovoltaico.
Con questa prospettiva di prezzi la possibilità di rimpiazzare il gas con le batterie per coprire i picchi di domanda elettricaè sempre più realistica per Stati che stanno puntando sulla crescita delle rinnovabili e vogliono uscire dal fossile.
Anche se di questo avviso non sono in Italia attori importanti del sistemi elettrico come Terna ed Enel (vedi recenti dichiarazioni di Carlo Tamburi di Enel Italia, confermate dall’ad Francesco Starace all’assemblea degli azionisti) che puntano a realizzare centrali a gas a ciclo aperto (OCGT) per sopperire alla futura (2025?) fuoriuscita del paese dal carbone.
L’idea di Enel, ma non solo, è di costruire centrali a gas di piccole-medie dimensioni (in totale 3,2 GW di richieste autorizzative per Enel), capaci di entrare rapidamente in funzione quando la domanda elettrica è molto elevata e i parchi eolici e solari non riescono a rilasciare tutta l’energia di cui c’è bisogno in quel momento.
C’è chi però oltre oceano la pensa in modo diametralmente opposto. “Oggi possiamo battere i peaker a gas ovunque negli Stati Uniti con sistemi fotovoltaici più accumulo”, ha detto di recente il Ceo di una società che lavora in questo campo, Tom Buttgenbach di 8minutenergy Renewables LLC. “Chi è sano di mente oggi non si metterebbe a fare nuovi impianti a gas, visto che siamo ad un dimezzamento dei prezzi”, ha chiarito.
Conferma tale aproccio la società di consulenza Wood Mackenzie: alla luce della rapida riduzione dei costi ritiene che lo stoccagio con batterie possa mettere a rischio negli States circa 6.400 MW di nuovi impianti a gas realizzabili, entro il 2027, per il bilanciamento della rete elettrica.
Nel 2022, hanno calcolato gli analisti, i valori LCOE (Levelized cost of electricity) di un sistema di storage da 4 ore saranno in media intorno a 86-94 $/MWh, per scendere ancora negli anni successivi, così da rendere gli impianti alimentati a fonti fossile sempre più antieconomici.
Quindi sarà già tra pochissimi anni più conveniente investire in un impianto di accumulo, accoppiandolo ad un parco FV o eolico, piuttosto che realizzare una nuova unità a gas.
Si è visto in diverse realtà che questi “impianti di picco” a gas, che in Italia non opererebbero sul mercato dell’energia ma sul futuro mercato della capacità, per contribuire a garantire la sicurezza dell’approvvigionamento di elettricità, possono far alzare di molto il prezzo dell’energia poiché sono utilizzati per un periodo di tempo molto ridotto e in poco tempo devono anche recuperare i loro costi fissi.
Negli Stati Uniti ad esempio i prezzi possono anche essere ben superiori ai 100 dollari per MWh, mentre già quest’anno molti operatori sono riusciti ad installare impianti solari con accumuli per 4 ore al servizio dei picchi di domanda ad un prezzo che va da 50 a 60 $ per MWh.
Questi economics sono riscontrabili anche da noi? Sono state fatte attente analisi tecnico-economiche sugli sviluppi a 3-5 anni quando dovrebbe entrare in funzione questi nuovi peaker alimentati a gas per “salvarci” dal phase out del carbone?
Secondo molti analisti energetici esteri il 2025 sarà un anno in cui pochi nel mondo troveranno vantaggioso costruire impianti a gas a tale scopo. Noi dovremmo invece tenerceli di nuovi per altri 20 o 30 anni?
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