Quando l’auto elettrica saprà “parlare” con la casa e con la rete

Laboratorio Metrologico Ternano

Quando l’auto elettrica saprà “parlare” con la casa e con la rete

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La mobilità elettrica sta per allargare i suoi confini verso un mercato “di massa”: dal 2020-2021 è atteso un boom di vendite di nuovi modelli plug-in alimentati dalle batterie, mentre la rete nazionale di punti di ricarica è destinata a espandersi considerando sia le colonnine pubbliche sia quelle private nelle case, negli uffici, nei parcheggi aziendali.

Allora cosa comporteranno queste tendenze per i fornitori di energia elettrica? Quali nuovi modelli di business potranno diffondersi nell’ambito della mobilità “pulita”, pensando anche alla possibilità di sfruttare l’elettricità da fotovoltaico?

Abbiamo approfondito questi temi con due esperti di Federazione ANIE: Claudio Conta, coordinatore del gruppo e-Mobility, e Michelangelo Lafronza, segretario di ANIE Rinnovabili.

Partiamo dalle tecnologie che si stanno affacciando sul mercato con le prime sperimentazioni: come funziona il “pacchetto” Vehicle to Home?

L’auto elettrica e la stazione di ricarica devono essere equipaggiate con particolari tecnologie che consentono di scambiare l’energia in modo bidirezionale tra il veicolo e la rete domestica. Quindi l’auto elettrica, finora considerata unicamente come un utilizzatore di energia, deve essere abilitata al funzionamento in modalità Vehicle to Home (V2H), modalità che permette al veicolo di trasformarsi in un accumulatore di energia che può essere restituita e utilizzata dai dispositivi elettrici contenuti in un edificio.

È una soluzione già disponibile per gli automobilisti che scelgono l’elettrico?

Oggi soli pochi veicoli elettrici sono abilitati a questa funzione, ma i principali costruttori auto stanno investendo in modo significativo nella tecnologia V2H. I primi impianti sperimentali si basano sul trasferimento di energia in corrente continua con lo standard di ricarica CHAdeMO.

Invece con lo standard CCS la sperimentazione V2H per lo scambio bidirezionale di energia è in corso sia in corrente continua sia in corrente alternata. Ovviamente anche la stazione di ricarica deve essere abilitata al funzionamento in modalità Vehicle to Home: oggi in Italia i costruttori di colonnine possono agire a livello sperimentale collaborando con istituti di ricerca e università, in attesa di norme tecniche sufficientemente chiare e definite.

Intanto si parla già di un’evoluzione ancora più ampia per il mondo delle ricariche, grazie al Vehicle to Grid (V2G), dove l’auto risponde direttamente ai “comandi” del gestore di rete. Che prospettive ci sono in Italia su questo versante?

Nel Vehicle to Grid il processo è ancora più articolato perché lo scambio di energia non si limita alla propria abitazione ma prevede un’interazione con la rete, che deve essere in grado, da un lato, di erogare energia, dall’altro di assorbirla e integrarla nel proprio sistema di distribuzione.

Anche il V2G è caratterizzato da specifiche tecniche e normative in fase di sviluppo: alcuni progetti sperimentali sono analizzati continuamente per cercare di identificare le prospettive future e i benefici che potrebbero derivare.

Di quali benefici si tratta?

L’Italia ha una buona disponibilità di energia e la richiesta da parte degli utilizzatori è tendenzialmente concentrata in poche ore, tipicamente quelle centrali e serali, di conseguenza il Vehicle to Grid e l’intervento diretto di chi gestisce la rete permetterebbe di distribuire meglio la richiesta di energia per ricaricare i veicoli elettrici, ad esempio durante le ore notturne.

Inoltre, con il V2G si potrebbe far fronte a eventuali consumi energetici di picco, utilizzando i veicoli elettrici come sistemi di accumulo supplementare. In questo senso, le prospettive di crescita della tecnologia in Italia sono molto interessanti e alcune aziende stanno già investendo in questa direzione.

In uno scenario di questo tipo, si aprono nuove opportunità di business anche per gli operatori del fotovoltaico e delle batterie per l’accumulo residenziale: su quali aspetti stanno puntando di più?

Ci sono da considerare diversi aspetti. L’accumulo su quattro ruote può svolgere le stesse funzioni dell’accumulo stazionario installato nelle abitazioni ai fini dell’autoconsumo. Il punto, però, è che la batteria del veicolo potrebbe non essere connessa all’impianto fotovoltaico quando quest’ultimo produce energia elettrica, in tal caso quindi la batteria del veicolo non sarebbe disponibile per l’autoconsumo in tempo reale.

Pertanto, la strategia commerciale sarà funzionale alle abitudini dell’utente, cioè al profilo dell’utilizzo dell’auto elettrica, che deve tener conto anche dei prezzi contrattualizzati per la fornitura di energia elettrica. Prezzi che in futuro, grazie anche all’installazione degli smart meter 2G, potranno usufruire di fasce di prezzo dinamiche e in numero maggiore rispetto alle attuali.

Che percentuali di autoconsumo si potranno raggiungere?

Ad esempio, oggi l’energia autoconsumata in una villetta unifamiliare corrisponde in media al 30% di quella prodotta da un impianto fotovoltaico; se si installa un sistema di accumulo la quota sale indicativamente al 70% e si può facilmente immaginare che con una ricarica elettrica diurna si possa raggiungere e anche superare il 90% di autoconsumo.

Adesso gli operatori tendono sempre a massimizzare l’autoconsumo del prosumer [l’utente “attivo” che produce l’energia che poi utilizza, ndr] in tempo reale, e nei periodi di basso carico e alta produzione tendono ad accumulare l’energia prodotta dal fotovoltaico. Intanto i costruttori stanno puntando a soluzioni integrate: si pensi a un inverter predisposto a operare funzionalmente con un accumulo domestico e/o con un accumulo su quattro ruote.

Quindi come sono destinate a cambiare le strategie commerciali degli operatori del settore?

Le strategie commerciali potrebbero cambiare in funzione della disponibilità del prosumer, dotato anche di auto elettrica, alla fornitura dei servizi di rete, poiché gli orari in cui è richiesto il servizio e i servizi stessi sono funzionali alle necessità del TSO [Transmission System Operator, la società che gestisce la rete di trasmissione, Terna in Italia, ndr.].

Ciò richiede che il prosumer adatti le sue abitudini e quindi il suo profilo elettrico, accettando anche solo parzialmente di prelevare o immettere più energia dalla rete/in rete quando il TSO lo richieda.

Che ruolo avranno i prosumer nella fornitura di servizi alla rete?

Sui servizi di rete è in atto un’evoluzione sulle regole da parte di ARERA [l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, ndr]: in particolare, la delibera 300/2017 ha realizzato nel 2019, dopo i progetti pilota per gli aggregatori di unità di consumo (UVAC) e di unità di produzione (UVAP) nel 2018, i progetti per gli aggregatori di unità di consumo e di generazione, le cosiddette UVAM.

Ciò dovrebbe consentire ai prosumer dotati di impianti fotovoltaici domestici, abbinati a sistemi di accumulo, di offrire i servizi di rete, nel momento in cui si supererà la problematica delle misure. Ai prosumer che accettano di partecipare al progetto pilota UVAM, gli operatori stanno proponendo un’offerta che riduce i costi della loro bolletta elettrica. È plausibile che aumentando la capacità di accumulo grazie all’auto elettrica, tali benefici possano crescere ancora.

Infine, per quanto riguarda gli edifici condominiali, è lecito aspettarsi un incremento di punti di ricarica per le auto?

Qui è importante sottolineare che la recente delibera 467/2019 dell’Autorità ha approvato regole sperimentali per l’ammodernamento delle colonne montanti obsolete dei condomini, predisponendole alle eventuali richieste di aumento di potenza, visto il crescente ricorso a nuovi apparati elettrici come le pompe di calore, le piastre a induzione e in futuro le auto elettriche. L’ammodernamento consentirà a ogni condomino di ottenere una potenza disponibile pari almeno a 6,6 kW.

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