Se il batter d’ali di una farfalla in Svezia…
Gli scioperi sul clima, che si stanno estendono a macchia d’olio in vista delle manifestazioni del prossimo 15 marzo, esemplificano con forza ed eleganza l’immagine dell’uragano che si scatena negli Usa a causa di un batter d’ali di una farfalla in Brasile.
Il Brasile in questo caso è la Svezia dove la sedicenne Greta ha deciso di manifestare ogni venerdì sotto il Parlamento contro l’inadeguatezza delle politiche sul clima. La ragazza era stata impressionata dagli incendi devastanti e dalle temperature record che lo scorso anno avevano addirittura imposto il blocco del reattore nucleare Ringhlas-2 a causa del riscaldamento delle acque del mare del Nord (sopra i 25 °C).
Parliamo comunque di un paese, la Svezia, che ha definito obbiettivi climatici molto avanzati, puntando a diventare “carbon neutral” nel 2045 e il cui nuovo governo lo scorso gennaio ha deciso di bloccare la vendita di auto a benzina e diesel dal 2030.
Ma l’urgenza imposta dagli eventi e dagli ultimi rapporti IPCC impone un’ulteriore accelerazione.
Di fronte ai potenti di Davos, Greta è stata drastica: “Occorre agire immediatamente per il clima, come se la vostra casa fosse in fiamme. Dovete entrare nel panico. Risolvere la crisi climatica è la sfida più grande e complessa che l’umanità abbia mai affrontato. La nostra civiltà viene messa in discussione da un sistema che consente ad un piccolissimo numero di persone di continuare ad accumulare enormi ricchezze”.
Di fatto è lo stesso messaggio di Papa Francesco.
La radicalità delle proposte di Greta deriva esplicitamente e semplicemente dalle indicazioni della comunità scientifica volte ad evitare una catastrofe climatica.
Ma i Governi non solo non sono nel panico, ma stentano a prendere sul serio questi scenari, quando addirittura non assumono posizioni negazioniste, come nel caso di Trump e Bolsonaro.
L’irruzione sulla scena mondiale delle manifestazioni di giovani e giovanissimi spronati dalle parole nette di Greta ha provocato inizialmente reazioni irritate da parte delle autorità.
Joke Schauvliege, ministra fiamminga per l’ambiente, è arrivata perfino ad affermare di aver saputo dai servizi segreti che le manifestazioni di decine di migliaia di giovani non erano spontanee. La ministra ha dovuto precipitosamente dimettersi confessando di essersi inventata l’informativa cospirativa dei servizi.
Rob Stokes, ministro dell’istruzione del New South Wales in Australia ha diffidato gli studenti che manifestavano per il clima: “…Non avete diritto di scioperare perché non avete un lavoro…” e anche Theresa May ha lamentato che questi scioperi comporterebbero un extra-lavoro per gli insegnanti.
Ma, vista la diffusione a macchia d’olio delle mobilitazioni, molti leader hanno iniziato ad appoggiarle, a cominciare dalla Merkel per finire al neosegretario del Pd Zingaretti, che ha dedicato alla giovane svedese la vittoria alle primarie.
C’è però una evidente incongruenza tra le posizioni di sostegno dei politici e i contenuti radicali del messaggio di Greta: l’ondata crescente di giovani e giovanissimi che protestano sottolinea infatti almeno due elementi principali.
Il primo riguarda la radicalità delle proposte di chi sa che il suo futuro dipenderà dalle scelte che vengono fatte oggi.
Il secondo è quello dei tempi. Il funzionamento di interi paesi e continenti senza emissioni nette di CO2 nell’arco di 30-40 anni imporrebbe la rivisitazione di tutte le scelte di investimento, un ripensamento sugli stili di vita, l’introduzione di politiche fiscali coerenti con la sfida del clima…
Ma questa volontà non si intravvede nelle scelte della politica e la preoccupazione aumenta: è significativo che, secondo un recente sondaggio, il 38% dei giovani Usa ritiene che si debbano considerare le conseguenze del riscaldamento del pianeta prima di decidere di fare figli. Se già oggi la crisi climatica presenta il conto di un modello insostenibile, lo scenario al 2050 si annuncia infatti catastrofico per chi allora sarà nel pieno della vita.
Negli ultimi mesi manifestazioni #FridaysForFuture si sono tenute in tutti i continenti e il 15 marzo sono previste proteste per il “Global Strike For Future”, in oltre mille città di 82 paesi, dagli Usa al Brasile, dall’Australia all’Iran, dal Giappone all’India e in Europa.
In Italia le oltre cento le città che si sono mobilitate sono indicate nella mappa
Un’ultima riflessione riguarda la possibile evoluzione politica di questa esplosione di vitalità. Emblematica in questo senso, l’irruzione di giovanissimi nella stanza della storica senatrice californiana Feinstein e lo scontro con l’esponente Democratica che non accetta la radicalità del Green New Deal (il video).
O la politica riuscirà a dare risposte a questa ondata crescente o ne verrà travolta.
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