Vehicle-to-Grid: cos’è, cosa può fare, quali prospettive in Italia
Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale sul “Vehicle-to-Grid”, si aprono nuove frontiere per la mobilità elettrica in Italia, tramite l’uso delle batterie delle auto come sistemi di accumulo energetico distribuito.
Di Vehicle-to-Grid (V2G) si sta parlando sempre più diffusamente grazie anche a iniziative come quella annunciata da FCA: il colosso automobilistico italoamericano, infatti, in accordo con Terna, intende realizzare nello stabilimento torinese di Mirafiori un maxi-progetto sperimentale per connettere una flotta di 64 veicoli plug-in alla rete elettrica tramite la tecnologia V2G, con l’obiettivo di arrivare a 600-700 auto.
Quando si parla di Vehicle-to-Grid però bisogna prestare attenzione, perché al suo interno ci sono applicazioni ben diverse tra loro che non vanno confuse.
Così abbiamo chiesto a Luigi Mazzocchi di RSE di chiarire cosa prevede il decreto e quali sono le prospettive del V2G nel nostro paese.
Diverse modalità di Vehicle-to-Grid
Innanzi tutto, spiega Mazzocchi a QualEnergia.it, “bisogna distinguere tra due modalità di Vehicle-to-Grid: nella prima, la batteria del veicolo, tramite il punto di ricarica, può solamente prelevare energia dalla rete ma non cederla in un secondo momento alla rete stessa, quindi il flusso di energia tra il veicolo e il sistema elettrico è mono-direzionale”.
La sigla che identifica tale approccio è V1G proprio a indicare che l’energia può viaggiare in una sola direzione, dalla rete verso il veicolo; quindi si può parlare di ricarica intelligente o smart charging perché questa tecnologia consente di modificare la velocità della ricarica secondo le esigenze della rete elettrica.
In sostanza, la batteria può fornire servizi “a salire” oppure “a scendere” grazie alla programmabilità dei carichi: nel primo caso (servizi a salire), la batteria assorbirà meno energia rispetto a quella massima gestibile dal punto di ricarica, nel secondo invece (servizi a scendere) l’accumulatore assorbirà più energia, ovviamente sempre nell’ambito della potenza massima che la colonnina può erogare.
Così il gestore della rete, in base alle necessità di regolare la frequenza e bilanciare produzione e consumo, può inviare segnali agli operatori di mercato, che a loro volta possono agire sulle risorse a disposizione, tra cui le stazioni di ricarica dei veicoli; ad esempio, per rispondere a un picco di domanda elettrica, alle batterie delle auto sarà fornita meno elettricità per un certo periodo.
Le stesse funzioni, chiarisce Mazzocchi, possono essere svolte nella seconda modalità, il Vehicle-to-Grid bidirezionale, V2G, “dove la batteria può sia prelevare sia cedere energia alla rete con un margine molto più ampio di flessibilità”.
Ipotizzando un accumulo da 15 kW, con il V1G si può variare il carico da zero a 15 kW mentre con il V2G si può andare da -15 a +15: se necessario la batteria si può scaricare, cedendo alla rete l’energia accumulata in precedenza. In altre parole: con il V2G bidirezionale lo stesso punto di ricarica “vale doppio”.
Le spinte del nuovo decreto
Con il nuovo decreto, prosegue Mazzocchi, il governo punta a favorire l’inclusione del Vehicle-to-Grid nelle UVAM, le Unità Virtuali Abilitate Miste che raggruppano diversi utenti facendoli operare come se fossero un unico impianto virtuale di produzione/consumo elettrico, di modo che possano partecipare al mercato del dispacciamento (MSD) fornendo servizi di bilanciamento e regolazione.
Così il decreto, racconta l’esperto di RSE, proprio per favorire la creazione di UVAM con sistemi di Vehicle-to-Grid, “offre la possibilità di ridurre da 1 MW a 200 kW la taglia minima per le UVAM costituite esclusivamente da punti di ricarica dei veicoli elettrici”.
Un altro vantaggio, aggiunge Mazzocchi, è che il decreto “prevede un incentivo per coprire i costi aggiuntivi connessi all’installazione sui punti di ricarica delle tecnologie volte a garantire l’interazione tra il veicolo e la rete”, per entrambe le modalità V1G-V2G.
Infine, il decreto prevede modalità semplificate per la partecipazione alle UVAM per alcune categorie di stazioni di ricarica (come quelle domestiche) e soprattutto apre la possibilità di fornire nuovi tipi di servizi, come il controllo di frequenza e tensione.
Il potenziale di mercato in Italia
Qual è allora il mercato potenziale del Vehicle-to-Grid in Italia?
In questo momento, spiega Mazzocchi, “in Italia ci sono circa 20.000 auto elettriche e ipotizzando che tutte queste auto si colleghino alla rete per la ricarica nelle ore serali-notturne, e ipotizzando una taglia media di 10 kW per ogni colonnina, il sistema elettrico potrebbe contare su 200 MW di capacità aggiuntiva da gestire con servizi a salire/a scendere”.
È un calcolo puramente teorico, che però aiuta a capire quanto potrebbe valere l’interazione tra veicoli e rete elettrica attraverso le UVAM (cui potrebbero partecipare anche singole utenze domestiche) e-o attraverso le iniziative di aziende pubbliche/private che possiedono centinaia di veicoli; pensiamo ad esempio alle grandi flotte aziendali che, se elettrificate e connesse con sistemi V1G-V2G alla rete, potrebbero fornire per ognuna alcuni MW di capacità.
Considerando poi che il PNIEC punta a 5-6 milioni di auto elettriche nel 2030, di cui quattro milioni sarebbero elettriche “pure” e un paio di milioni sarebbero ibride plug-in, è facile intuire quanto potrebbe essere alta la posta in gioco.
Molto dipenderà anche da come saranno utilizzate le auto; è chiaro che il tipo di ricarica più adatto alle modalità V1G-V2G è la ricarica lenta eseguita nelle ore serali o notturne, utilizzando le colonnine private domestiche o aziendali.
La ricarica veloce, al contrario, richiede che la priorità sia sempre data al rifornimento del veicolo quindi non si presta alle applicazioni del Vehicle-to-Grid se non in modo più limitato.
E quanto potrebbero guadagnare gli utenti con questa rivoluzione del Vehicle-to-Grid?
Secondo le simulazioni fatte da RSE sotto determinate ipotesi, citate da Mazzocchi, grazie alla remunerazione dei servizi erogati alla rete sul mercato del dispacciamento, l’utente potrebbe recuperare da un 20-30% fino a un 60-70% dei costi per ricaricare il veicolo, in base ai diversi usi dell’auto e alle diverse configurazioni di Vehicle-to-Grid. Però si deve tenere conto, chiude Mazzocchi, “di una certa accelerazione dell’invecchiamento delle batterie, a causa dei maggiori flussi di energia attraverso le batterie stesse”.
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