Via dal carbone, la Germania ci mette 40 miliardi
Diventa più chiaro il piano tedesco per uscire dal carbone anche se mancano alcuni punti fondamentali, soprattutto l’ammontare dei pagamenti in compensazione da corrispondere agli operatori delle centrali e il calendario con le date in cui saranno chiusi i singoli impianti.
L’esecutivo di Angela Merkel ha appena approvato un disegno di legge per supportare le regioni minerarie che vedranno lo stop al carbone entro il 2038, con 40 miliardi di euro a disposizione per creare nuovi posti di lavoro, investire in tecnologie rinnovabili, realizzare infrastrutture di diverso tipo (si parla ad esempio di progetti Power-to-Gas per sperimentare la produzione su vasta scala dell’idrogeno “pulito”).
Il disegno di legge (qui una nota del governo, testo completo allegato in basso) riprende in buona parte le raccomandazioni sul coal phase-out pubblicate nei mesi scorsi dalla commissione speciale incaricata da Berlino di predisporre un programma per abbandonare questa fonte fossile, tutelando però il benessere economico-sociale dei territori coinvolti.
In altre parole, si punta a una transizione da lignite/carbone alle risorse “verdi” in modo da salvaguardare l’occupazione attraverso una crescita economica “sostenibile” sotto il profilo ambientale.
Così lo Structural Development Act (Strukturstärkungsgesetz) prevede di destinare 14 miliardi di euro di fondi federali per investimenti speciali nelle aree in cui si estrae la lignite.
Più in dettaglio, il 43% dei fondi andrà alla Lusazia, il 37% alle comunità minerarie del Reno e il restante 20% alle zone carbonifere nella Germania centrale.
Saranno i singoli Stati federali, precisa la nota, a decidere come spendere questi soldi: per costruire nuove infrastrutture rilevanti dal punto di vista economico – sistemi di trasporto pubblico, reti mobili a banda larga eccetera – o per iniziative di tutela e conservazione della natura e del paesaggio.
Berlino vigilerà periodicamente sull’utilizzo dei finanziamenti, verificando in particolare l’adeguatezza degli investimenti all’obiettivo prioritario che è la compensazione economica per la perdita di posti di lavoro e di valore aggiunto, a causa della minore produzione di beni e servizi legati all’industria mineraria.
Poi il governo federale investirà circa 26 miliardi di euro in programmi di ricerca e sviluppo e assistenza nelle regioni che usciranno dal carbone.
L’idea è convertire le ex centrali a lignite/carbone in poli industriali in vari settori alternativi, come le fonti rinnovabili, l’idrogeno, le batterie per l’accumulo energetico e così via, attirando anche nuovi investimenti privati.
A tale proposito, ricordiamo l’impegno profuso dal ministro tedesco per l’economia, Peter Altmaier, per far decollare in Germania iniziative nell’ambito della Battery Alliance europea, che punta alla realizzazione di 10-20 super-fabbriche di celle e batterie al litio destinate ai veicoli elettrici e alle installazioni di energy storage per la rete (vedi qui).
Vedremo quali saranno i prossimi passi di Berlino sul disegno di legge; intanto anche l’Italia prima della crisi del governo Lega-M5s stava discutendo le diverse opzioni per la sua uscita dal carbone entro il 2025, tra sostituzioni carbone-gas, impianti per l’accumulo, potenziamento delle rinnovabili e piani assistenziali di rilancio economico. E un terreno di confronto dovrà essere sicuramente la Sardegna.
Discussioni che certamente dovranno riprendere in modo approfondito una volta che si sarà formato un nuovo esecutivo.
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